Rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre: a rischio i cristiani nei Paesi della primavera
araba
E’ stato presentato martedì a Roma il “Rapporto sulla Libertà Religiosa nel Mondo
2012” curato dalla Fondazione “Aiuto alla Chiesa che Soffre”. Ne viene fuori un quadro
generale in fase di peggioramento rispetto al recente passato, nel quale sono soprattutto
le comunità cristiane, ma non solo, a subire gravi discriminazioni, che spesso sfociano
in aggressione e violenze. Il servizio di Giancarlo La Vella:
Il rapporto
prende in esame 196 Paesi, di cui 131 a maggioranza cristiana. Eppure, sono proprio
i cristiani che maggiormente subiscono discriminazioni e persecuzioni. Da segnalare
anche che la mortificazione nel professare la propria fede colpisce anche altre minoranze
religiose con vari livelli di gravità. Per tutti, si va da semplici atti di oltraggio
e di disprezzo ad atti di oppressione e di vera e propria aggressione. Una situazione
che troppo spesso causa vittime innocenti e determina atti di ritorsione tra comunità
ed etnie diverse. Ad esempio, in Cina e in altri Paesi orientali sono in aumento -
secondo il Rapporto - i tentativi dei governi di assoggettare le comunità religiose
ai controlli dello Stato. Particolarmente preoccupante la situazione nel Paesi della
"primavera araba", dove le istanze democratiche della prima ora hanno lasciato il
passo a un islam non moderato. Ne abbiamo parlato con il gesuita egiziano, padre
Samir Khalil Samir, islamologo dell’Università Saint Joseph di Beirut:
“Per
loro l’ideale è imporre la sharia islamica. Pretendono che sia
la legge data da Dio nel VII secolo a Maometto. Essendo una legge divina non può essere
che perfetta. ‘Tutte le vostre costituzioni – dicono – sono umane, dunque imperfette’.
I cristiani, essendo una minoranza, anche se forte, sono i primi che sentono questa
esclusione. La situazione, dunque, è sempre più difficile. La soluzione? Vogliamo
cambiare, ma ci vuole un cambiamento di mentalità, della visione politica. Siamo,
però, ancora lontani per arrivare a questo”.
L’estremismo islamico dà vita
ad atti di vera e propria aggressione anche in diversi Paesi africani, come il Kenya,
il Mali, la Nigeria e il Ciad. Caso estremo, l’Arabia Saudita dove ai due milioni
di cristiani residenti non è permessa alcuna manifestazione del proprio credo. Un
capitolo a parte è rappresentato dall’India e dal Pakistan dove, dopo le violenze
anticristiane degli anni scorsi nello Stato dell’Orissa, le leggi contro le conversioni
oggi rappresentano spesso un alibi per commettere abusi di potere. E questo nonostante
la Costituzione indiana riconosca il pieno diritto alla libertà religiosa. Inoltre,
muta la situazione dei cristiani a causa di cambi della legislazione: in Kirghizistan,
in senso positivo, e in Tagikistan, in senso negativo, poiché la nuova legge sulle
comunità religiose sta obbligando molti cristiani a emigrare. Ma di fronte a tanti
abusi e tanto dolore, non mancano gli esempi luminosi di collaborazione e di convivenza
pacifica tra cristiani e altre religioni: spesso si riesce a lavorare insieme per
il progresso della società. Ce ne parla Nino Sergi, presidente dell’organizzazione
umanitaria Intersos:
“Di fronte ai casi drammatici, che devono farci leggere
le realtà e farci anche reagire, ci sono centinaia, forse migliaia di casi di piccole
comunità, piccoli villaggi, persone, associazioni e così via che invece vivono ancora
e abbastanza profondamente il rapporto fra di loro, considerandosi alla pari, aiutandosi
fra di loro. Questi aspetti vengono oggi poco valorizzati e, secondo me, invece dovremmo
riuscire a guardarli meglio e tutelarli, svilupparli, aiutarli a crescere, affinché
non spariscano. Ci sono ancora molte realtà in cui si dialoga, in cui c’è rispetto,
in cui i musulmani nelle grandi feste vanno alla Messa e, forse, talvolta gli stessi
cristiani vanno poi alle feste musulmane, non tanto per una mescolanza di religioni,
ma proprio per rispetto gli uni degli altri”.