Superare la noia dell'omelia: nuovo Corso alla Pontificia Università Salesiana
“Parlare in pubblico”: è diventato materia d’università. L’originale Corso – mirato
in particolare a migliorare la comunicazione nelle omelie e nelle catechesi - viene
proposto quest’anno dalla Facoltà di Scienze della comunicazioni sociale della Pontificia
Università Salesiana. Docenti, Giusi Saija e Simonetta Blasi, professionista del marketing,
e docente nella stessa Facoltà di Teorie e Tecniche della pubblicità. Roberta Gisotti
ha intervistato Simonetta Blasi:
R. - L’idea
di questo corso nasce insieme a un percorso in comunicazione pastorale, quindi rivolto
prevalentemente ai religiosi, ai sacerdoti e anche a qualche laico particolarmente
interessato ad operare nell’ambito della comunicazione in pubblico per vincere - forse
in parte - la “noia dell’omelia” e quindi per ravvivare il rapporto con i fedeli.
Una scelta coraggiosa perché implica due figure laiche ovvero la mia collega ed io,
che in qualche modo, veniamo da mondi differenti: il mondo dello spettacolo e il mondo
della comunicazione pubblicitaria. Insieme, mettiamo in gioco le nostre competenze
per trarre elementi, technicalities e suggerimenti che possano - in qualche maniera
- ravvivare questo rapporto di attenzione. Molti altri elementi entrano in gioco,
a cominciare dalla comunicazione non verbale. Se vogliamo, questo è un percorso che
invita anche a ritrovarsi in autenticità nel rapporto. Del resto diceva lo stesso
Paolo VI che l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri,
e se ascolta i maestri, lo fa perché sono testimoni.
D. - Ma quanto è importante
esprimersi con efficacia? Spesso i fedeli si lamentano - anche lei lo ha accennato
- della noiosità delle omelie…
R. - Ci sono - purtroppo - le trappole del buon
pastore; molte volte ci si dilunga con toni anche soporiferi - se così si può dire
- al di là del valore immenso che invece la parola può dare. Quindi, questo percorso
tende veramente a valorizzare la parola. Quello che si pensa, quello che molti analisti
autorevoli pensano in questo contesto, è che si sia persa - appunto - la vivacità
della testimonianza, la gioia della trasmissione della Parola, del messaggio evangelico,
e che in qualche modo, questo abbia poi allontanato le persone. Si fa troppa teologia,
forse troppa filosofia, e si fanno pochi riferimenti alla vita, all’esperienza vera
delle persone, che è esperienza di chi parla, di chi professa la Parola, ma è anche
esperienza di vita di chi ascolta.
D. - Un Corso aperto anche ai laici ma rivolto
soprattutto a sacerdoti e suore. Qualcuno sarà meravigliato che sono stati scelti
come docenti un’esperta di pubblicità e un’esperta di spettacolo…
R. - In questo
c’è il coraggio, la lungimiranza, un po’ la visione di chi ha promosso questo Corso.
Io personalmente provengo da esperienze di corsi di breve durata di public speaking
che però solitamente tengo per aziende. L’idea e il coraggio di intraprendere un
percorso a livello universitario è nata per dare naturalmente uno spessore diverso
e contestualizzarlo nell’ambito della comunicazione pastorale. L’idea delle presenze
laiche probabilmente vuole essere un invito a creare quel ponte - quell’esperienza
che di cui parlavo prima - tra i fedeli che vogliono sentir parlare maggiormente di
esperienza, e i religiosi che in qualche modo dall’esperienza della vita dei laici,
possono attingere ulteriore ispirazione.