L’intervento del prof. Arber al Sinodo: scienza e fede complementari
Si chiude oggi la prima settimana di lavori del Sinodo dei vescovi, dedicato alla
nuova evangelizzazione. Il programma odierno prevede la continuazione della discussione
generale in Aula. Ieri pomeriggio, invece, i Padri sinodali hanno ascoltato l’intervento
del professor Werner Arber, presente all’Assemblea in veste di invitato speciale.
Premio Nobel per la medicina nel 1978, nel 2011 il professor Arber è stato nominato
da Benedetto XVI presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, primo protestante
a ricoprire tale incarico. Al centro del suo intervento al Sinodo, i rapporti tra
scienza e fede. Il servizio di Isabella Piro:
“Scientific knowledge
and faith are and should remain to be complementary…” Scienza e fede sono e devono
continuare ad essere elementi complementari per la conoscenza umana: è questo il punto
focale dell’intervento al Sinodo del prof. Arber. Un discorso tecnico, ma anche molto
umano, basato sulla consapevolezza che la scienza “finora non è riuscita a trovare
risposte pertinenti” a tutti gli interrogativi dell’uomo, soprattutto a quelli che
“trascendono la sfera naturale”. Ruolo che, invece, le credenze religiose possono
ricoprire.
Benedetto XVI è presente in Aula ed ascolta, attento, il presidente
della Pontificia Accademia delle Scienze citare la Genesi per dimostrare che sin da
allora esisteva una concordanza tra fede e scienza, poiché il Vecchio Testamento riporta
una sequenza logica di avvenimenti possibili per la creazione della vita.
Il
tono del prof. Arber si fa, poi, molto schietto quando afferma che “finora, la scienza
non ha ancora una nozione precisa dei fondamenti della vita”, o meglio della “cosiddetta
creazione dal nulla”, la quale resta “materia da trattare attraverso la filosofia”.
E pur ritenendo che possa esistere la vita su pianeti extraterrestri, il premio Nobel
mette in guardia: manca l’evidenza scientifica di questa ipotesi.
Ma a cosa
serve oggi la scienza? Il prof. Arber lo dice chiaramente: la scienza apre a nuove
applicazioni tecnologiche che migliorano la vita e l’ambiente dell’uomo, plasmandone
il futuro. In quest’ottica, quindi, Chiesa, società civile, economia e scienza vengono
chiamate ad assumersi la corresponsabilità di stabilire una nuova concezione del futuro
che comporti benefici a lungo termine per l’intera umanità.
Per raggiungere
questo risultato, continua il premio Nobel, bisogna che le società moderne rispettino
regole di condotta opportune, facilmente accettabili se radicate nella fede religiosa.
In fondo, afferma il prof. Arber, anche Gesù sarebbe favorevole all’applicazione della
scienza per il bene dell’umanità e nel rispetto delle leggi della natura.
Un
esempio pratico di tale principio sono le piante transgeniche: i metodi adottati per
crearle seguono le leggi naturali dell’evoluzione biologica, spiega Arber, e non comportano
rischi legati all’ingegneria genetica. In quest’ottica, quindi, potrebbero davvero
alleviare il problema della fame nel mondo, per un futuro in cui lo sviluppo sia sicuro,
responsabile e sostenibile.