Il Papa apre l'Anno della fede: riannunciare Cristo nei deserti del mondo contemporaneo
Con la Messa presieduta sul Sagrato della Basilica di San Pietro, il Papa ha aperto
oggi l’Anno della fede, nel giorno in cui si celebra il 50.mo anniversario dell'inizio
del Concilio Vaticano II. Presenti, oltre a 400 tra cardinali e vescovi di tutto il
mondo, Bartolomeo I, Patriarca di Costantinopoli, e il primate della Comunione anglicana
Rowan Williams.
“Se oggi la Chiesa propone un nuovo Anno della fede e la
nuova evangelizzazione – ha sottolineato Benedetto XVI - non è per onorare una ricorrenza,
ma perché ce n’è bisogno, ancor più che 50 anni fa! E la risposta da dare a questo
bisogno è la stessa voluta dai Papi e dai Padri del Concilio e contenuta nei suoi
documenti … In questi decenni è avanzata una «desertificazione» spirituale.
Che cosa significasse una vita, un mondo senza Dio, ai tempi del Concilio lo si poteva
già sapere da alcune pagine tragiche della storia, ma ora purtroppo lo vediamo ogni
giorno intorno a noi. E’ il vuoto che si è diffuso. Ma è proprio a partire dall’esperienza
di questo deserto, da questo vuoto che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere,
la sua importanza vitale per noi uomini e donne. Nel deserto si riscopre il valore
di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli
i segni, spesso espressi in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso
ultimo della vita. E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede che,
con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta
la speranza. La fede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio che libera dal pessimismo.
Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata
da Dio, e così indicare la strada”.
Il Papa ha definito l’Anno della fede
“un pellegrinaggio nei deserti del mondo contemporaneo, in cui portare con sé solo
ciò che è essenziale: non bastone, né sacca, né pane, né denaro, non due tuniche
– come dice il Signore agli Apostoli inviandoli in missione (cfr Lc 9,3), ma il
Vangelo e la fede della Chiesa, di cui i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano
II sono luminosa espressione, come pure lo è il Catechismo della Chiesa Cattolica,
pubblicato 20 anni or sono”.
Ricorda quindi le parole del Beato Giovanni XXIII.
“Nel Discorso di apertura, egli presentò il fine principale del Concilio in questi
termini: «Questo massimamente riguarda il Concilio Ecumenico: che il sacro deposito
della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace. (…) Lo scopo
principale di questo Concilio non è, quindi, la discussione di questo o quel tema
della dottrina… Per questo non occorreva un Concilio… E’ necessario che questa dottrina
certa ed immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata
in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo»”.
“Alla luce di queste
parole – ha detto il Papa - si comprende quello che io stesso allora ho avuto modo
di sperimentare: durante il Concilio vi era una tensione commovente nei confronti
del comune compito di far risplendere la verità e la bellezza della fede nell’oggi
del nostro tempo, senza sacrificarla alle esigenze del presente né tenerla legata
al passato: nella fede risuona l’eterno presente di Dio, che trascende il tempo
e tuttavia può essere accolto da noi solamente nel nostro irripetibile oggi. Perciò
ritengo che la cosa più importante, specialmente in una ricorrenza significativa come
l’attuale, sia ravvivare in tutta la Chiesa quella positiva tensione, quell’anelito
a riannunciare Cristo all’uomo contemporaneo. Ma affinché questa spinta interiore
alla nuova evangelizzazione non rimanga soltanto ideale e non pecchi di confusione,
occorre che essa si appoggi ad una base concreta e precisa, e questa base sono i documenti
del Concilio Vaticano II, nei quali essa ha trovato espressione".
"Per questo
- ha proseguito - ho più volte insistito sulla necessità di ritornare, per così
dire, alla «lettera» del Concilio – cioè ai suoi testi – per trovarne anche l’autentico
spirito, e ho ripetuto che la vera eredità del Vaticano II si trova in essi. Il riferimento
ai documenti mette al riparo dagli estremi di nostalgie anacronistiche e di corse
in avanti, e consente di cogliere la novità nella continuità. Il Concilio non ha escogitato
nulla di nuovo come materia di fede, né ha voluto sostituire quanto è antico. Piuttosto
si è preoccupato di far sì che la medesima fede continui ad essere vissuta nell’oggi,
continui ad essere una fede viva in un mondo in cambiamento”.
“I Padri
conciliari – ha aggiunto - volevano ripresentare la fede in modo efficace; e se si
aprirono con fiducia al dialogo con il mondo moderno è proprio perché erano sicuri
della loro fede, della salda roccia su cui poggiavano. Invece, negli anni seguenti,
molti hanno accolto senza discernimento la mentalità dominante, mettendo in discussione
le basi stesse del depositum fidei, che purtroppo non sentivano più come proprie nella
loro verità”.
Il Papa, infine, affida alla Madre di Dio l’Anno della fede:
“La Vergine Maria brilli sempre come stella sul cammino della nuova evangelizzazione.
Ci aiuti a mettere in pratica l’esortazione dell’apostolo Paolo: «La parola di Cristo
abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda…
E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore
Gesù, rendendo grazie per mezzo di Lui a Dio Padre» (Col 3,16-17). Amen”.