Il Papa: i Padri conciliari non volevano creare una Chiesa nuova ma rinnovarla nella
continuità
L’Osservatore Romano ha pubblicato un numero speciale in occasione del 50.mo anniversario
di apertura del Concilio Vaticano II. Una pubblicazione, in 40mila copie, corredata
da narrazioni intense della stagione conciliare con dettagli di cronaca poco conosciuti
e fotografie rare. Apre il numero speciale un testo di Benedetto XVI che ai lavori
del Concilio partecipò come giovane teologo. Ce ne parla Sergio Centofanti.
I Padri conciliari
“non potevano e non volevano creare una fede diversa o una Chiesa nuova, bensì comprenderle
ambedue in modo più profondo e quindi davvero ‘rinnovarle’. Perciò un'ermeneutica
della rottura è assurda, contraria allo spirito e alla volontà” di quanti parteciparono
al Concilio: così scrive Benedetto XVI nella sua introduzione al numero speciale dell’Osservatore.
Il Papa rievoca le sue emozioni di giovane teologo presente ai lavori conciliari:
“Fu
impressionante vedere entrare i vescovi provenienti da tutto il mondo, da tutti i
popoli e razze: un'immagine della Chiesa di Gesù Cristo che abbraccia tutto il mondo,
nella quale i popoli della terra si sanno uniti nella sua pace. Fu un momento di straordinaria
attesa. Grandi cose dovevano accadere”.
“Il cristianesimo, che aveva costruito
e plasmato il mondo occidentale, - scrive il Papa - sembrava perdere sempre più la
sua forza efficace”:
“Appariva essere diventato stanco e sembrava che il
futuro venisse determinato da altri poteri spirituali. La percezione di questa perdita
del presente da parte del cristianesimo e del compito che ne conseguiva era ben riassunta
dalla parola ‘aggiornamento’”.
Il Papa ricorda come i singoli episcopati
si fossero avvicinati al grande avvenimento con idee diverse. L'episcopato centroeuropeo
- Belgio, Francia e Germania - aveva “le idee più decise”. Tuttavia c'erano alcune
priorità comuni: il tema dell'ecclesiologia, la rivalutazione del ministero episcopale
nel contesto del primato papale, il ciclo tematico Rivelazione-Scrittura Tradizione-Magistero,
il rinnovamento liturgico - molto importante per gli episcopati centroeuropei - così
come l’ecumenismo, argomento sentito in modo particolare dai vescovi tedeschi:
“Il
sopportare insieme la persecuzione da parte del nazismo aveva avvicinato molto i cristiani
protestanti e quelli cattolici; ora questo doveva essere compreso e portato avanti
anche a livello di tutta la Chiesa”.
“Tra i francesi – ricorda Benedetto
XVI - si mise sempre più in primo piano il tema del rapporto tra la Chiesa e il mondo
moderno, ovvero il lavoro sul cosiddetto «Schema XIII», dal quale poi è nata la Costituzione
pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo”:
“Qui veniva toccato il
punto della vera aspettativa del Concilio. La Chiesa, che ancora in epoca barocca
aveva, in senso lato, plasmato il mondo, a partire dal XIX secolo era entrata in modo
sempre più evidente in un rapporto negativo con l'età moderna, solo allora pienamente
iniziata. Le cose dovevano rimanere così? La Chiesa non poteva compiere un passo positivo
nei tempi nuovi?”.
“Inaspettatamente, – scrive il Papa - l'incontro con
i grandi temi dell'età moderna non avvenne nella grande Costituzione pastorale, bensì
in due documenti minori, la cui importanza è emersa solo poco a poco con la ricezione
del Concilio”: la Dichiarazione sulla libertà religiosa, “richiesta e preparata con
grande sollecitudine soprattutto dall'episcopato americano”, e la Dichiarazione Nostra
aetate sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane. Il primo testo
affermava la “libertà di scegliere e di praticare la religione, come anche della libertà
di cambiarla, in quanto diritti fondamentali alla libertà dell'uomo”. Il secondo documento,
che “si sarebbe poi rivelato importante per l'incontro della Chiesa con l'età moderna
– rileva il Papa - è nato quasi per caso ed è cresciuto in vari strati”. Infatti “all'inizio
c'era l'intenzione di preparare una dichiarazione sulle relazioni tra la Chiesa e
l'ebraismo, testo diventato intrinsecamente necessario dopo gli orrori della shoah”.
Successivamente, i Padri conciliari aggiunsero i riferimenti all’islam, all'induismo,
al buddhismo e al dialogo e alla collaborazione tra le religioni, “i cui valori spirituali,
morali e socio-culturali dovevano essere riconosciuti, conservati e promossi”. Una
carenza del testo – sottolinea Benedetto XVI – è il fatto che “ignora le forme malate
e disturbate di religione, che dal punto di vista storico e teologico hanno un'ampia
portata”.
Il Papa conclude la sua introduzione rilevando che “se all'inizio
del Concilio avevano prevalso gli episcopati centro-europei con i loro teologi, durante
le fasi conciliari il raggio del lavoro e della responsabilità comuni” si allargò
sempre di più:
“I vescovi si riconoscevano apprendisti alla scuola dello
Spirito Santo e alla scuola della collaborazione reciproca, ma proprio in questo modo
si riconoscevano come servitori della Parola di Dio che vivono e operano nella fede”.