Giornata della salute mentale: la depressione colpisce 350 milioni di persone
Ricordata ieri la 20.ma Giornata mondiale della salute mentale. Venne istituita nel
1992, con l’obiettivo di attirare l’attenzione su patologie e disturbi comuni a persone
di qualsiasi nazionalità, cultura o condizioni economiche e sociali. Il tema della
Giornata è “Investire nella salute mentale” e, quest’anno, l’attenzione è sulla depressione
che, secondo la World Federation for Mental Health, colpisce 350 milioni persone nel
mondo. Si stima che fra pochi anni, nel 2025, la depressione sarà la prima causa di
disabilità cronica. Eliana Astorri ha intervistato il prof. Luigi Janiri,
docente presso l’Istituto di Psichiatria e Psicologia del Policlinico Universitario
Agostino Gemelli di Roma:
R. – Per salute
mentale s’intende una condizione – potremmo dire – di benessere psichico o anche se
vogliamo, in modo più esteso, benessere psico-fisico, per cui un individuo nel suo
ambiente di riferimento riesce a funzionare in modo soddisfacente, per se stesso e
per gli altri, nelle varie aree previste: l’area familiare, l’area delle relazioni
sociali, l’area lavorativa e anche l’area legale. Quindi nelle varie aree esistenziali
questa persona deve poter trovare non soltanto un proprio funzionamento ottimale,
ma anche una sua realizzazione. Questo è un po’ il concetto di salute mentale: una
persona sufficientemente adattata e sufficientemente in pace con se stessa.
D.
– Qual è il futuro di una persona con patologie o disturbi mentali che non viene trattata
e che viene lasciata a se stessa?
R. – Se non interviene un programma di trattamento
per una persona con problemi di natura mentale, certo il destino è quello della cronicizzazione.
Noi ci dobbiamo ricordare che la depressione entro pochi anni, entro il 2025, diventerà
la prima causa di disabilità cronica. Quindi il problema è proprio questo: se una
patologia mentale non viene sufficientemente indirizzata ad un trattamento, può diventare
una causa di disabilità cronica, con tutte le conseguenze che ne derivano a livello
sociale, a livello economico, a livello lavorativo. Parliamo, quindi, proprio di un
discorso di ricaduta importante sulla società.
D. – Quali sono i sintomi della
depressione…
R. – La depressione è una malattia che a livello di gravità va
da situazioni abbastanza leggere - le famose sindromi ansiose-depressive, in cui la
depressione è mista all’ansia in modo inestricabile - a situazioni, invece, anche
molto gravi – le cosiddette depressioni psicotiche, maggiori o anche endogene – in
cui probabilmente c’è un ruolo importante, che è il fattore biologico, alla base.
Ci sono poi dei disturbi in cui si manifestano dei sintomi molto gravi: si arriva
addirittura al delirio, alle allucinazioni oppure si può arrivare, al culmine della
disperazione, a tentare il suicidio. Quindi sono disturbi in cui c’è un’importante
componente dell’ideazione – le idee sono pessimistiche, c’è una auto-svalutazione,
una sfiducia negli altri e verso di sé; c’è una componente affettiva ed emotiva, per
cui la persona piange in continuazione oppure - al contrario può avere apatia e non
provare sentimenti di alcun tipo, non provare gioia e piacere nelle cose che prima,
invece, la interessavano. Poi, la terza importante componente sintomatologica è quella
dei disturbi e delle turbe neurovegetative o somatiche: quindi ansia, ma ancora più
importanti sono i disturbi del sonno, i disturbi del comportamento alimentare e quindi
le abbuffate bulimiche di tipo compensatorio oppure, al contrario, il lasciarsi andare
e non mangiare perché non si ha più la voglia di vivere e quindi di nutrire il corpo.
Ci sono molti, molti sintomi che ci fanno capire che la depressione, oltre che essere
una malattia psicologica, è anche una malattia somatica.
D. – Però è importante
dire che tristezza e malinconia non sono depressione?
R. – Negli ultimi tempi,
il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-IV) parla della melanconia
come di una forma di depressione, caratterizzata soprattutto dalla mancanza della
capacità di provare piacere. Quindi è un termine ripreso da Ippocrate ed è quindi
un vecchio termine, che però è ripreso e rimesso un po’ in circolo. La tristezza,
no: la tristezza è un sentimento e come tutti i sentimenti appartiene a tutte le persone.
Quando la tristezza diventa patologica e chiaramente per intensità, per durata, ma
soprattutto perché si accompagna a questi altri sintomi - di cui abbiamo parlato -
allora entriamo nel campo della depressione.
D. – I problemi di tipo mentale
possono colpire tutti, ma c’è una differenza - quantomeno di incidenza - fra le popolazioni
dei Paesi sviluppati, di quelli intermedi o di quelli poveri?
R. – Nei Paesi
sviluppati sicuramente le patologie da stress - e quindi intendiamo disturbi d’ansia
e disturbi depressivi, soprattutto di tipo reattivo - sono più frequenti. Nelle civiltà
meno industrializzate, e quindi anche nei Paesi più poveri, prevalgono patologie legate,
in parte, alla cultura – e alcune di queste sono anche di difficile classificazione,
pensiamo ad esempio ai disturbi dissociativi - e altre sono invece delle forme un
po’ variate di patologie mentali come quelle che vediamo anche noi. Quindi la schizofrenia
o la depressione sono malattie che in altri Paesi si possono presentare anche in altri
modi rispetto a quelli a cui noi siamo abituati. Alcuni disturbi, però, come quelli
psicotici sembrano essere in queste forme, per certi versi, anche più frequenti rispetto
a noi. Però, ripeto, da noi prevalgono le patologie che potremmo considerare genericamente
da stress.