2012-10-10 13:22:39

Cerimonia alla Sinagoga di Roma per ricordare l'attentato di 30 anni fa


Con la proiezione di un filmato di quelle ore drammatiche che per sempre hanno segnato la vita della comunità ebraica di Roma si è tenuta ieri nel Tempio Maggiore la cerimonia in ricordo dell’attacco in cui, il 9 ottobre 1982, sotto i colpi del terrorismo palestinese, perse la vita il piccolo Stefano Gay Taché e furono ferite 42 persone. Tra gli ospiti presenti alla cerimonia - riferisce l'agenzia Sir - il capo dello Stato Giorgio Napolitano e alcune tra le più alte cariche istituzionali. Il primo a prendere la parola è stato il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, che ha portato al presidente Napolitano la sua testimonianza personale di quel terribile attentato. “Chi le parla da questo luogo sacro - ha detto - non è solo il presidente della più antica comunità ebraica della diaspora occidentale, ma il figlio di un sopravvissuto a quel vile gesto”. Il padre Emanuele, presente alla cerimonia di oggi, ha lottato per mesi fra la vita e la morte, dopo che una bomba a frammentazione gli aveva conficcato schegge in tutto il corpo, lacerato il ventre, squarciato la gola e ferito gravemente un occhio. Creduto morto dai medici fu il Rabbino Elio Toaff a rendersi conto che ancora respirava, salvandogli così la vita. “La mia vita ed il mio destino, così come quella delle famiglie dei tanti feriti - ha detto Pacifici -, cambiò alle ore 12 del 9 ottobre del 1982”. “Questa esperienza ha segnato non solo le mie aspirazioni ma anche la mia vita ebraica perché quel giorno giurai a me stesso che avrei combattuto con anima e corpo per la mia Comunità. Per Israele”. Nel suo discorso, il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche italiane, Renzo Gattegna ha detto: “Gli ebrei insieme a tutti coloro che si riconoscono nei valori democratici hanno visto in quel gesto criminale un concentrato di tutto ciò che di più barbarico la mente umana potesse concepire”. “Non hanno colpito solo le persone ma la sensibilità che gli ebrei italiani condividono con tutta la società civile. Quell’atto criminoso rivelò inoltre una componente di intolleranza religiosa il cui ritorno ha caratterizzato la fine del 20° secolo e sembra ancora in crescita inquietante”. Nel prendere la parola anche il Rabbino Capo di Roma, Riccardo di Segni si lascia andare ad un ricordo: “Il pomeriggio delle esequie di Stefano Gay Tachè ero con un piccolo gruppo di rabbini nella camera mortuaria dell’Ospedale Fatebenefratelli, qui all’isola Tiberina, raccolti intorno alla piccola bara, quando arrivò il Presidente Pertini, accolto nelle strade da un assordante gelido silenzio. Davanti alla bara Pertini scoppiò in un pianto infrenabile, certo non cerimoniale”. Di Segni esprime poi gratitudine al presidente Napolitano: “La Sua visita in questo luogo segna una nuova tappa nella lunga storia dei rapporti dello Stato con la Comunità ebraica che vive qui da 21 secoli”. (R.P.)







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