Sinodo: appello per la pace in Siria. Nuova evangelizzazione non sia solo uno slogan
Si è aperto ieri mattina con un appello alla pace in Siria il Sinodo sulla nuova evangelizzazione,
in corso in Vaticano. Alla presenza del Papa, i vescovi di tutto il mondo - tra cui
142 che prendono parte al Sinodo per la prima volta - hanno richiamato anche la valorizzazione
dei migranti e l’importanza di un esame di coscienza della Chiesa stessa, nel modo
in cui vivere la fede. Ieri pomeriggio, i lavori sono proseguiti con una relazione
del cardinale Ouellet: il prefetto della Congregazione per i vescovi ha spiegato come
sia stata recepita, nel mondo, la Verbum Domini, l’Esortazione apostolica siglata
da Benedetto XVI dopo il Sinodo del 2008 sulla Parola di Dio. Il servizio di Isabella
Piro:
Pace e solidarietà
alle vittime del conflitto in Siria: l’Aula del Sinodo non dimentica il mondo esterno
e prega per la stabilità di Damasco. Poi, lo sguardo dei presuli si allarga alle sfide
della nuova evangelizzazione e punta sulla valorizzazione dei migranti, il cui tesoro
principale è la fede che essi portano con sé in tutto il mondo, trasformandosi in
veri evangelizzatori. La Chiesa, quindi, li sostenga e li tuteli da certe discriminazioni
della società, aiutandone l’integrazione e la conservazione della loro identità.
Ma
il Sinodo fa anche autocritica e chiede un esame di coscienza nel modo di vivere e
testimoniare la fede: il rischio di burocratizzare la vita sacramentale può portare
alla perdita di credibilità e ciò significa dimenticare che, per evangelizzare, bisogna
prima essere evangelizzati.
Di qui, anche il richiamo forte al Sacramento
della penitenza, quasi scomparso in alcune regioni del mondo, e definito invece il
Sacramento della nuova evangelizzazione. E centrale anche l’appello a una nuova umiltà
della Chiesa, così che non si rinchiuda in dibattiti intra-ecclesiali, ma sappia proporre
il Vangelo con umiltà, nell’ottica di una nuova carità. Importante, poi, evitare il
ripetersi di scandali nella vita sacerdotale e affrontare l’emergenza educativa perché,
dice l’Aula, non si può evangelizzare bene se non si educa bene e viceversa.
Forse,
si chiede il Sinodo, la “chiave di volta” della nuova evangelizzazione sta proprio
nel passare da una pastorale passiva e di mera conservazione a una pastorale intrepida,
di missione permanente, che veda sacerdoti testimoniare con entusiasmo la Buona Novella.
Alcune riflessioni dei Padri sinodali, inoltre, auspicano una consacrazione
del mondo allo Spirito Santo, guardano a Maria come primo esempio di donna laica evangelizzatrice
e al dialogo tra la bellezza dell’arte e della fede come strumento di nuova evangelizzazione.
Particolare, poi, la testimonianza della Chiesa degli Stati Uniti che ha introdotto
il rito della benedizione del bambino nel grembo materno: un modo, spiega il Sinodo,
per avvicinare tutta la famiglia del nascituro ai sacramenti, in particolare a quello
del battesimo. Poi, il suggerimento di mettere maggiormente a frutto la pastorale
militare, per sua natura legata alla pace e alla promozione del bene comune dei popoli.
Al termine della Congregazione, infine, l’Aula ha ascoltato l’intervento del
delegato fraterno Simo Peura, luterano, e dell’invitato speciale Lamar Vest, presidente
dell’American Bible Society, alla quale per la prima volta, in 200 anni di operato,
è stata offerta questa opportunità. Al centro della prima riflessione, la valorizzazione
del Battesimo e di una Chiesa missionaria, che testimoni Cristo nella promozione della
giustizia. Dal suo canto, Lamar Vest ha richiamato la grandezza e la freschezza della
Bibbia, che resta sempre uguale nonostante i mutamenti del mondo.
Nel pomeriggio
di ieri, invece, l’Assemblea dei vescovi ha accolto la presentazione delle relazioni
dei cinque continenti, per illustrare come il tema della nuova evangelizzazione sia
stato recepito nelle Chiese particolari di tutto il mondo. Comune denominatore dei
cinque interventi è stata la sfida della globalizzazione che tende a trasformare le
culture locali, sfaldandone i valori tradizionali come la famiglia.
Nello
specifico, per riuscire nell’opera evangelizzatrice, l’Asia punta al dialogo - definito
una necessità, non un lusso - con le culture, con i poveri, con le religioni, anche
affrontando in modo eroico le sofferenze della crescente persecuzione. L’Africa, dal
suo canto, combatte il fondamentalismo islamico e guarda agli insegnamenti di Paolo
VI che diceva: “Africani, siate missionari di voi stessi”. E quindi, mette in guardia
da quegli evangelizzatori che vanno all’estero non per missione, ma per guadagno.
L’Europa si appella a quell’eredità cristiana di cui sembra aver smarrito
la memoria e guarda agli esempi positivi delle Giornate mondiali della gioventù e
delle missioni cittadine, per combattere una società dominata dai mass-media, dall’economia
e dai diritti umani di terza e quarta generazione, lontani da una visione umana, cristiana
e morale del mondo e legati solo alle opinioni e ai desideri personali di ciascuno.
Dal
suo canto, la Chiesa d’America identifica la nuova evangelizzazione con la Missione
Continentale e chiede, al contempo, un esame di coscienza sul modo di vivere la fede,
puntando sulla famiglia come Chiesa domestica e coinvolgendo i laici, definiti i principali
protagonisti della nuova evangelizzazione.
In Oceania, infine, dove si riscontrano
“isole di umanità”, la nuova evangelizzazione riparte dai giovani, dalle scuole, dalla
vitalità dei cattolici uniti pur nella diversità etnica, dalla promozione dei diritti
dei nativi e dal Cortile dei Gentili. L’iniziativa del Pontificio Consiglio della
Cultura, pensata per facilitare il dialogo con i non credenti, viene infatti vista
come il lato buono della secolarizzazione, al contrario del secolarismo più aggressivo
che impedisce il confronto, ad esempio, sulle questioni bioetiche.
L’auspicio
complessivo, in fondo, è che si prosegua il cammino intrapreso con coraggio e ottimismo,
mostrando rispetto per chi non ha ricevuto ancora il dono della fede e facendo sì
che la nuova evangelizzazione non sia soltanto uno slogan.