Mons. Laham: il mondo aiuti la Siria a riconciliarsi. Mons. Michalik: più forza
all'ecumenismo
Il pensiero dei padri sinodali è andato alle vittime del conflitto in Siria. Presente
ai lavori in Vaticano il Patriarca greco-cattolico melkita di Damasco, Gregorio
III Laham. Paolo Ondarza lo ha intervistato:
R. – Ringraziamo
mons. Eterovic, segretario generale del Sinodo, che oggi ha ricordato la Siria. Io
vorrei approfittare di questa situazione, in cui ho la possibilità di incontrare un
così gran numero di persone provenienti da tutti i continenti, per far presente la
situazione in questo tempo così tragico in Siria. La crisi siriana non riguarda solo
la Siria, ma tutto il Medio Oriente e in particolare cinque Paesi, le cui vicende
sono legate tra loro: Siria, Libano, Giordania, Palestina e Israele. In questi cinque
paesi si può vivere liberamente la fede e i problemi di questi cinque Paesi, limitrofi
ad Israele, e quindi più a contatto con il conflitto israelo-palestinese, sono molto
importanti per l’equilibrio di tutto il Medio Oriente. Alla vita di questi Paesi è
legata la pacifica convivenza tra islam e cristianesimo in Medio Oriente e la presenza
stessa dell’islam in Europa. Tutto questo è legato.
D. – Quale il ruolo della
Chiesa in Siria per la risoluzione del conflitto?
R. – Noi, come Chiesa, vogliamo
tentare di presentare una via: come possiamo aiutare a superare questa crisi in modo
equilibrato. Non vogliamo andare contro o a favore riguardo al governo: noi bypassiamo
tutto questo! Noi vogliamo salvare il valore della Siria come realtà storica, unica.
Non dimentichiamo che Gesù è nato in Palestina, il cristianesimo è nato in Siria:
per questo voglio approfittare del Sinodo per levare la voce e parlare a quanti più
possibili vescovi e cardinali provenienti da tutti i continenti per far presente loro
questa missione della Chiesa in Siria, questo ruolo della Chiesa in Siria. Io ho presentato
un documento dal titolo “Riconciliazione, l’unica via per l’avvenire e per risolvere
la crisi della Siria e del Medio Oriente”. Se noi aiuteremo la riconciliazione in
Siria, aiuteremo anche l’Occidente a dialogare con l’Islam.
D. – La testimonianza
cristiana è, dunque, di aiuto per un cammino di riconciliazione?
R. – Per me,
questo è molto importante. Credo che per l’avvenire della Chiesa, qualsiasi sia il
governo che verrà, qualsiasi direzione ci sarà, la missione del credente è riconciliare
e unire: questa sarà la salvezza della Chiesa e del suo ruolo e della sua missione
in Medio Oriente.
D. – Anche oggi arrivano notizie di sangue e di guerra dalla
Siria: l’ennesimo attentato kamikaze in una sede dell’intelligence a Damasco…
R.
– Di nuovo, chiediamo all’Europa di incontrarsi con i Paesi arabi per cercare di comprendere
come poter uscire da questa situazione. Il problema più grande è che nessun Paese
ha una risposta alla situazione attuale. Perciò, dico che c’è bisogno di una solidarietà
del mondo arabo e del mondo europeo per cercare una via d’uscita. Poi, chiediamo di
pregare per la Siria: io credo molto alla forza della preghiera.
Cuore dell’evangelizzazione
è l’incontro dell’uomo con Gesù Cristo. E’ quanto sottolinea l’Instrumentum Laboris,
documento programmatico di questa assise sinodale. Solo a partire da un rapporto personale
con il Risorto, alimentato dalla preghiera e dalla partecipazione ai sacramenti, è
possibile trasmettere la fede cristiana. Tale compito interpella i cristiani di tutte
le confessioni. Lo ribadisce mons. Józef Michalik, presidente della Conferenza
episcopale polacca. L’intervista è del nostro inviato al sinodo Paolo Ondarza:
R. – Le premesse
della nuova evangelizzazione partono da noi: cioè, dalla convinzione che il Vangelo
ha un valore per noi, dà senso alla nostra vita e che per questo vogliamo condividerlo
con gli altri. Siamo chiamati a riflettere prima di lamentarci la religione e il Vangelo
non interessa gli altri… Se noi per primo non siamo interessati al Vangelo, se il
messaggio di Gesù non ci “brucia” dentro, manca la condizione per toccare il cuore
del nostro prossimo. Ma innanzitutto l’evangelizzazione avviene grazie allo Spirito
Santo.
D. - E’ importante per la nuova evangelizzazione il dialogo ecumenico.
La divisione tra cristiani infatti è una contro-testimonianza?
R. - Anche le
altre Chiese sono interessate a collaborare alle sfide che la fede incontra al giorno
d’oggi. In Polonia, abbiamo ospitato qualche settimana fa, alla fine d’agosto, un
incontro con il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill, con il quale abbiamo
firmato un documento di perdono reciproco tra Polonia e Russia. Vogliamo lavorare
insieme alla promozione del Vangelo, affrontando ostacoli e sfide; vogliamo impegnarci
per la difesa della vita, della famiglia e anche per favorire la presenza di Dio nella
vita sociale, pubblica, politica.
D. - Secondo lei, come mai nell’Europa cristiana
il fuoco della fede sembra essersi indebolito?
R. - In Europa, manca oggi una
cultura integrale, quella cultura creativa sul bello, sul buono: cioè, oggi siamo
presi da una corsa per il guadagno, il mercato, i soldi, la carriera… tutto questo
è umano, ma dovrebbe essere coordinato con valori spirituali, con la coscienza. Se
mancano i riferimenti ai valori superiori, l’uomo vive un “handicap”.
D. -
Le frontiere della nuova evangelizzazione in Polonia?
R. – Cerchiamo di rimanere
fedeli alle basi, cioè alla Rivelazione, alla Sacra Scrittura, alla tradizione, nelle
nuove condizioni, che sono più o meno uguali a quelle che si vivono nel resto dell’Europa,
negli altri Paesi. Il Santo Padre nel suo libro intervista ha detto: le cose vere
sono semplici, le cose semplici sono vere. Da bambino, quando si imparano certe realtà
di fede, queste divengono un punto di riferimento: la bellezza di fede, la devozione
mariana, il catechismo nelle scuole, la messa domenicale. Dobbiamo rimanere fedeli
a questi valori che sostituiscono una base per il dialogo con il mondo moderno. Occorre
poi svegliare il nostro laicato:un laicato molto promettente. Negli ultimi 20 anni,
è aumentato l’impegno dei laici così come la consapevolezza della responsabilità di
testimoniare Cristo nella società.