Filippine. L’Ue definisce "storico" l’accordo di pace tra governo e ribelli islamici
L'accordo tra il governo delle Filippine e i ribelli del Fronte islamico di liberazione
Moro è un evento "storico” che costituisce un “grande passo in avanti verso una pace
duratura” che porterà “stabilità e prosperità”. E’ quanto ha affermato l'Alto rappresentante
Ue per la politica estera Catherine Ashton, congratulandosi con il governo di Manila
e il movimento ribelle islamico che hanno annunciato domenica scorsa l'accordo che
pone fine a 40 anni di guerriglia nell'area di Mindanao. Un conflitto che ha provocato
circa 120.000 morti. Dell’accordo raggiunto e della situazione sociale nelle Filippine
Fausta Speranza ha parlato con lo storico Fabrizio Dal Passo, docente
all’Università di Roma La Sapienza:
R. – Il Paese
giunge sicuramente stremato da 40 anni di guerriglia e dal fallimento del precedente
accordo, il patto stretto fra il Fronte islamico e il governo di Manila alla fine
degli Anni Ottanta, per avere una maggiore autonomia nell’isola di Mindanao. Questo
accordo, dopo 20 anni, è risultato fallace, perché poi in realtà questa autonomia
è stata relativa. Adesso con questo nuovo accordo, che verrà siglato nei prossimi
giorni tra Benigno Aquino III e il capo del Fronte islamico di liberazione Moro, si
dovrebbe sancire invece una maggiore autonomia non soltanto amministrativa, ma anche
economica, per un’area ben precisa di Mindanao, che viene chiamata Bangsamoro. Questa
entità di Bangsamoro, che dovrebbe prendere l’aspetto di uno Stato federato alle Filippine,
avrebbe in qualche modo una maggiore garanzia di autonomia fiscale, finanziaria ed
economica. E’ un Paese che è arrivato esasperato da questa guerra costante, questa
guerriglia nelle isole del Sud, ma sembra che questo accordo possa sancire una svolta.
D.
– A parte lo sviluppo che ci si augura a partire da questo accordo, quali sono le
risorse su cui puntare per le Filippine?
R. – Su questo c’è qualcosa da dire
in più riguardo all’accordo: come sempre, non è mai puramente una questione religiosa
o politica. In realtà, questa entità di Bangsamoro, gestita dal Fronte islamico, è
un fronte che è stato spesso sovvenzionato anche da società multinazionali e da imprese
finanziarie che comunque sfruttavano il fatto che le Filippine sono tuttora, anche
per l’Italia tra l’altro, uno dei Paesi dove non ci sono accordi per controllare i
fondi bancari o i fondi di investimento. Per cui è chiaro che questi eserciti di opposizione
al governo - che sono diventati più di uno - erano sovvenzionati e sostenuti da gruppi
eterogenei rispetto a quelli che hanno effettivamente combattuto per 40 anni. Il futuro
chiaramente è quello di una maggiore presa di potere di questo Fronte islamico nel
Sud del Paese, anche per il controllo delle risorse, che sono sicuramente ancora poco
sfruttate nelle Filippine. E’ un Paese che ha delle risorse importanti nel sottosuolo
de è uno dei pochi Paesi dell’Asia che ha ancora un margine di crescita e di sviluppo
economico notevole. Quindi, sicuramente, c’è anche un interesse alternativo e diverso
rispetto – ripeto – a quello puramente politico e religioso o culturale ed etnico.
D.
– Facciamo una considerazione pensando all’Asia. Questo era uno dei conflitti di più
lunga durata in Asia e le Filippine sono il Paese con il maggior numero di cattolici.
Quindi, come si distingue questo Paese nella regione?
R. – Proprio per la sua
stessa origine: il termine Filippine richiama Filippo II di Spagna. Il Paese, infatti,
ha conosciuto la dominazione spagnola per quattro secoli e poi quella degli Stati
Uniti, ed è un Paese che, negli ultimi cinquanta anni, pur con alterne vicende è riuscito
a diventare una repubblica democratica. Il fatto che la maggior parte della popolazione
- circa il 94 per cento - sia cattolica, sicuramente lo pone come una sorta di avamposto
dell’Occidente nel Sud Est asiatico. E’ in prossimità di altri Paesi molto potenti
ed emergenti, come il Giappone, Taiwan e la Cina, ma dall’altro lo pone appunto come
un vicino percepito come pericoloso per altre realtà, come l’Indonesia o la Malesia,
che invece sono a forte maggioranza islamica. Per cui, chiaramente, è un Paese che
gioca molto la propria economia, ma anche la propria politica, su questa doppia presenza:
una presenza cattolica nell’area del Sud-Est asiatico, e dall’altra una vicinanza
di potenze islamiche molto forti – la stessa Indonesia e Malesia – che comunque hanno
sovvenzionato in questi anni i Fronti di liberazione islamica.