2012-10-05 07:31:35

Migliaia di persone in marcia in India contro gli squilibri sociali


Circa 35 mila persone sono partite giorni fa da Gwalior, città al centro dell’India settentrionale, per raggiungere Nuova Delhi in una marcia di 350 chilometri. Attraverseranno cinque Stati e si stima che arriveranno ad essere 100 mila. Protestano per la difficile situazione delle comunità emarginate, escluse dallo sviluppo. A causa dell’industrializzazione del Paese, i terreni agricoli tendono sempre più ad essere destinati alle fabbriche. Delle ragioni della imponente marcia in India, Fausta Speranza ha parlato con il prof. Arduino Paniccia, docente di Studi strategici all’Università di Trieste:RealAudioMP3

R. – Le ragioni sono ragioni strutturali che l’India, nuova potenza mondiale e faro di democrazia nel continente asiatico, non ha tuttavia risolto. Non c’è stata mai una vera riforma agraria nazionale: il problema delle caste – che è un problema gravissimo – è stato affrontato con degli espedienti ma le caste, sostanzialmente, sono rimaste e inficiano molto la democrazia indiana. Non c'è stato poi nelle parti marginali del Paese lo sviluppo che si è invece naturalmente registrato nelle zone più industrializzate o dove vi è la nuova tecnologia, come il software e la parte elettronica. Quindi, il Paese presenta oggi dei gravissimi squilibri che, in qualche modo, coloro che marciano in questo lungo cammino verso la capitale di New Delhi vogliono mettere in evidenza. Incominciano a pensare che questi problemi non troveranno una soluzione a breve.

D. – Che idea si è fatto? Si tratta di una partecipazione trasversale, di diversi ceti sociali, di diverse regioni...

R. – Il tentativo, diciamocelo, da parte governativa è quello di far credere che la manifestazione sia soprattutto dei senzaterra e sia confinata a coloro che sono più in basso nella scala sociale dell’India moderna. In realtà, questo non è vero. Il richiamo del corteo ai valori della "Grande marcia" di Gandhi è un richiamo molto più profondo di quello che il governo voglia fare apparire: è anche – uso un’espressione pesante – "eversivo" non nel senso che i partecipanti siano violenti, ma perché incrina l’immagine di grande Paese in sviluppo, di grande potenza che invece nasconde grandi problemi. L’iniziativa, dunque, è assolutamente trasversale e non bisogna credere che sia ristretta a una massa di poveri contadini: comunque, il 70% degli indiani è ancora fuori dal vero sviluppo.

D. – Diciamo una parola sull’influenza sulla regione, su tutta l’Asia…

R. – La marcia avrà un impatto molto forte anche nei Paesi vicini, anch’esso inaspettato. Infatti, la verità è che in tutto il Sudest asiatico - al di là delle trionfali dichiarazioni ai vertici di Apec, Asean, le grandi organizzazioni, e al di là di quanto giornalisticamente viene affermato - molti Paesi sono in crisi o stanno andando verso una crisi abbastanza profonda che li ha colpiti. Quindi, il caso della grande marcia dell’India non rimarrà isolato. Paesi che sembravano avere spiccato il volo – uno per tutti, il Vietnam – sono ripiombati in uno stato di depressione e in molti il fermento è veramente forte. L’importante è che la marcia e i suoi obiettivi rimangano, appunto, non violenti. Per certi versi, il grande "boom" asiatico sta incominciando a mostrare la corda.







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