Congo: monito dei missionari al Rwanda che nel Kivu appoggia i ribelli di M23
“Non è pensabile che una sola persona, rappresentante di un regime sempre più dispotico
e dittatoriale, riesca a far fallire un incontro internazionale per la pace nella
Repubblica Democratica del Congo” afferma un editoriale, ripreso dall’agenzia Fides,
dei missionari di “Rete Pace per il Congo” in riferimento al mini vertice convocato
dal Segretario Generale Ban Ki Moon, in occasione dell’ultima Assemblea generale delle
Nazioni Unite a New York, sulla situazione nel Kivu, nell’est della Repubblica Democratica
del Congo (Rdc), regione sconvolta dalle azioni di diverse formazioni armate ed in
particolare dal gruppo M23. “Tutti i partecipanti all’incontro, tranne uno - afferma
la nota - si sono trovati daccordo nel condannare le violenze commesse dall’M23 (occupazione
militare del territorio di Rutchuru, nel Nord-Kivu, instaurazione di un’amministrazione
parallela a quella dello Stato, imposizione di tasse illegali, reclutamento coatto
anche di minorenni, stupri, saccheggi). Tutti, tranne uno, si sono trovati daccordo
nel condannare l’appoggio che l’M23 continua a ricevere dall’esterno. Anche se si
esprimono in un linguaggio eccessivamente diplomatico - non si cita espressamente
il nome - tutti sanno che l’appoggio ricevuto dall’M23 proviene dal Rwanda che continua
a smentire la sua implicazione nel conflitto, nonostante l’ampia documentazione che
la comprova. Messo alle strette, il presidente rwandese Paul Kagame ha addirittura
lasciato la sala dell’incontro, bloccando, in tal modo, la possibilità di arrivare
a un accordo per un comunicato finale comune”. La Rete Pace per il Congo si chiedi
quindi se non sia il caso di adottare sanzioni internazionali contro il Rwanda, come
ad esempio decretare un embargo sull’acquisto e sulle importazioni di armi, interrompere
ogni forma di collaborazione militare, sospendere l’acquisto di minerali provenienti
dal Rwanda, in quanto fra essi ci sono anche minerali di origine congolese, esportati
di contrabbando e etichettati in Rwanda; bloccare i finanziamenti destinati al governo,
la cui interruzione non pregiudichi la popolazione civile più povera. Questo potrà
avvenire solo se varranno meno le complicità internazionali delle quali il regime
rwandese ha finora goduto e sulle quali ricadono “la terribile responsabilità delle
800.000 vittime del genocidio rwandese del 1994 e dei 6-8 milioni di vittime congolesi
cadute nelle diverse fasi della guerra iniziata nel 1996” conclude la nota. (R.P.)