Cei: preoccupa situazione in campi rom. Mons. Feroci: a Roma sgomberi disumani
I vescovi della Commissione Cei per le migrazioni esprimono preoccupazione per “la
ripresa degli sgomberi dei campi in alcune città italiane, senza un preciso progetto
abitativo futuro”, annullando la prospettiva “indicata dall’Europa e recepita in un
recente Piano di integrazione nazionale”. Su questa emergenza, che riguarda in particolare
rom e rifugiati, si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco, il direttore
della Caritas diocesana di Roma, mons. Enrico Feroci:
R. - Quanto
è stato detto sia per i rifugiati e soprattutto per i rom, corrisponde esattamente
a quanto, purtroppo, è avvenuto e sta avvenendo in questi giorni. Ho esperienza diretta
di recente, soprattutto per quanto riguarda il mondo dei rom. Venerdì scorso, il campo
di Tor de’ Cenci è stato sgomberato. Lo sgombero è avvenuto in modo molto violento.
Le autorità pubbliche - la polizia, i vigili - si sono presentate alle 7.30 con le
ruspe, e hanno distrutto le abitazioni delle persone che ci vivevano già da tanti
anni e che il Comune di Roma aveva costruito. Le hanno distrutte davanti ai miei occhi,
e davanti agli occhi esterrefatti delle famiglie che hanno portato fuori dalle loro
abitazioni quello che potevano. Delle persone sono rimaste sotterrate durante questo
sgombero. Sono rimasto addolorato nel vedere gli occhi dei bambini, sui quali sarà
senz’altro rimasta impressa l’immagine di questa violenza della distruzione. C’erano
una novantina di bambini.
D. - Dove sono state portate le persone sgomberate
dal campo di Tor de’ Cenci?
R. - Tutte queste persone sono state prese e portate
in un grande stanzone alla Fiera di Roma, con l’indicazione che, quando sarebbe stato
pronto un campo attrezzato, li avrebbero trasferiti. La mia domanda, quella dell’uomo
della strada, è stata molto semplice: che motivo c’era di una tale preoccupazione?
Quando c’è un terremoto, un’inondazione si prendono le persone e - giustamente - si
portano dove c’è un campo sportivo, dentro una palestra. Ma qui le persone vivevano
dentro le loro case, dove c’era luce, acqua. Lì adesso sono stati sistemati in un
grande ambiente, in un grande stanzone. Fuori ci sono solamente 15 bagni chimici e
solo cinque o sei fontanelle. Quando sono stato lì, sono rimasto veramente con il
cuore addolorato, nel vedere tutte le persone che vivevano in promiscuità. Quando
sono arrivato stavano distribuendo il cibo, erano seduti per terra con i piatti di
carta. Questo è veramente disumano e io mi sono permesso di dirlo ad alta voce sia
alle autorità pubbliche sia all’opinione pubblica, perché non si può ammettere nella
nostra situazione, nelle nostre città, nella nostra cosiddetta "civiltà", che avvengano
delle discriminazioni di questo tipo.
D. - Occhi esterrefatti, cuori addolorati:
però, ci sono purtroppo anche troppi occhi indifferenti...
R. - Ci sono occhi
indifferenti e occhi che vorrebbero giustificare questi sgomberi. Mi è stato detto
che lo sgombero è stato fatto perché potevano esserci tanti delinquenti, perché c’erano
situazioni igienico-sanitarie che potevano produrre malattie. È come se in un palazzo
ci fosse una famiglia che delinque e l’intero palazzo venga distrutto. L’ambiente
si ripara, si mette apposto, ci si sta dentro, ci si spende per poter far crescere
queste persone. Contemporaneamente, però, c’è l’indifferenza. Ma quello che più mi
addolorato è che ci sono persone che hanno esultato davanti a un fatto del genere.
Si sono visti dei manifesti per la città che inneggiavano a quello che è avvenuto.
Questo è doloroso. E’ proprio doloroso vedere oggi, nel 2012, cose di questo genere.