Calma tra Ankara e Damasco, mentre in Siria continua la violenza
Ancora bombardamenti da parte del regime di Damasco sulla maggior parte delle città
siriane in rivolta. Intanto, è tornata la calma al confine fra Turchia e Siria, dopo
48 ore in cui si è parlato di possibile guerra e dopo la forte condanna dell’Onu del
primo colpo di mortaio siriano. Damasco si è scusata con Ankara per il colpo che ha
fatto cinque morti, tutti civili, nella cittadina turca di Akcakale, in seguito al
quale la Turchia ha bombardato postazioni della Siria. Il premier turco, Erdogan,
ha assicurato che il suo Paese ''non intende iniziare una guerra con la Siria''. Fausta
Speranza ha parlato della situazione con Paolo Quercia del Centro militare
Studi strategici:
R. – E’ rientrato
nel senso che gli appelli alla calma, arrivati a livello internazionale ma anche dall’interno
della Turchia, hanno portato un momento di razionalità in questo scambio di colpi
d’artiglieria che c’era stato. Diciamo che però il parlamento turco ha votato con
validità di un anno la possibilità che il governo faccia operazioni militari, anche
veri e propri raid, in territorio siriano. Quindi, per i prossimi mesi ancora rimarrà
questa opportunità, con il beneplacito del parlamento turco. Quindi, la situazione
di tensione, che è stata un’escalation negli ultimi mesi, dall’abbattimento dell’aereo
turco in poi, è destinata a rimanere.
D. – C’è qualcosa che la comunità internazionale
avrebbe potuto fare per evitare questa escalation di tensione e che ancora
può fare?
R. – Questo è estremamente complesso, perché la Nato, l’Occidente,
gli stessi Stati Uniti hanno deciso di tenere un po’ in stand-by il dossier siriano.
Però, la Turchia ha in parte contraddetto questa politica in quanto ha guardato più
ad altri Paesi islamici – magari del Golfo – che invece giocavano più per spingere,
anche militarmente, per un cambio di regime a Damasco e quindi la Turchia ha quasi
giocato in competizione, o in collaborazione, con questi altri Paesi, per cercare
di ristabilizzare il regime lungo il confine settentrionale. Quindi, diciamo che la
comunità internazionale occidentale è un po’ ai margini di questo gioco. Sicuramente,
la Nato non avallerà i colpi di testa da parte della Turchia, e quindi la Turchia
– da questo punto di vista – ha le mani legati se vuole la solidarietà della Nato
per operazioni militari.
D. – Sembra un po’ una partita a scacchi tra Turchia
e Siria. Però, ci sono anche altri agenti che muovono qualche pedina?
R. –
Sì, sì: ce ne sono. In particolare, i Paesi sunniti del Golfo… Però, ci sono anche
nuovi attori: basti pensare ai curdi siriani. Nella parte nordoccidentale del Paese,
sostanzialmente al confine tra Siria e Iraq, l’esercito siriano si è ritirato lasciando
praticamente ai curdi e ai partiti curdi il controllo del territorio con milizie etniche
curde. Questa è una carta che Assad ha giocato: ha dato un’autonomia di fatto ai curdi
siriani che iniziano a diventare un nuovo attore in questa partita, con ripercussioni
che si possono verificare nello stesso territorio curdo all’interno della Turchia.