Al via a Roma e in Vaticano il primo Campionato mondiale di scacchi per sacerdoti
Sacerdoti da vari continenti in silenzio, concentrati davanti a una scacchiera. È
la scena che da oggi e fino a domenica pomeriggio sarà possibile vedere a Roma, tra
il Vaticano, la Galleria Alberto Sordi e il Pontificio Oratorio S. Paolo. Si tratta
della “Clericus chess international”, in pratica il primo Campionato del mondo di
scacchi riservato ai sacerdoti. Un gioco antico dalle riconosciute potenzialità formative
per i giovani e con molti e poco conosciuti aspetti legati alla storia della Chiesa.
Alessandro De Carolis ne ha parlato con uno dei principali organizzatori, lo
psicologo Giuseppe Sgrò:
R. – Questa
iniziativa nasce davvero in modo singolare: è una proposta di don Stefano Vassallo,
che io ho ricevuto nel 2009 al Festival della Scienza, a Genova. Rimasi sorpreso perché,
chiaramente, era qualcosa di nuovo e originale. Lavorandoci attorno ci siamo resi
conto che si poteva fare un bell’evento. Questo ci ha spinto a realizzare una prima
manifestazione a Milano, due anni fa – di portata nazionale – dedicata solo ai religiosi
italiani e tutti un po’ si sono lamentati – nel senso buono – sostenendo che dovevamo
allargarla. E così ora la stiamo facendo a Roma, con una portata mondiale: abbiamo
partecipanti che arrivano dall’India, dalle Filippine, dall’Europa, dall’America del
Nord, dall’America Latina… in pratica, sono rappresentati tutti i continenti. E noi
siamo davvero grati in particolare al Centro Sportivo Italiano e al presidente Massimo
Achini per il sostegno ricevuto.
D. – Il gioco degli scacchi e il mondo ecclesiale
sembrerebbero, in realtà, pianeti di galassie lontanissime. Invece, come voi spiegate,
c’è un vincolo che li unisce. Di che cosa si tratta?
R. – La scacchiera, che
oggi noi vediamo a caselle bianche e nere, una volta era semplicemente un reticolato
e rappresenta la proiezione sulla terra delle linee che l’augure tracciava nel cielo,
per trarne l’edificazione di templi e città. Quindi, la scacchiera celeste proiettata
sulla terra rappresenta l’ordinamento del creato, mentre il cerchio inscritto nel
quadrato del pezzo – lei immagini la pedina del re con la sua base circolare – rappresenta
il divino. Del resto, l’iscrizione del cerchio nel quadrato è un tentativo di ricongiungimento
tra cielo e terra. Le caselle sono diventate bianche e nere quando la scacchiera è
arrivata in Europa, per esigenze di assorbimento culturale, per esempio: gli arabi,
che se ne innamorarono, non potevano rappresentare i pezzi in termini antropomorfici,
quindi i pezzi erano astratti. In Europa la scacchiera rappresentò la società medioevale,
perché arrivò intorno al 1100.
D. – C’è un titolo di una conferenza, che sarà
a margine di questo campionato, che sembra far intendere qualcosa di più. Cioè: “Scacchi
e Chiesa: i Santini in gioco”. In che senso?
R. – Santi in gioco perché a un
certo punto la Chiesa si spaventò nel senso che i religiosi iniziarono a giocare a
scacchi e San Pier Damiani scrisse una lettera di richiamo al Papa, poiché pare che
un suo cardinale giocasse tutta la notte distraendosi dagli impegni pastorali. Ci
furono addirittura due Concili Vaticani che si espressero sul gioco degli scacchi
– era il periodo medievale – e gli scacchi ricevettero anche la bolla di scomunica.
Come si risolse la questione? Quando arrivò Papa de’ Medici, che era un appassionato
di scacchi, le cose si risolsero in un battibaleno.
D. – Oltre che ludico,
questo campionato di scacchi che avete organizzato ha anche un fine dichiaratamente
formativo, come si coglie dal titolo di un altro incontro che terrete. In che cosa
consiste questo tema?
R. – Questo è un tema che mi tocca particolarmente, perché
io sono psicologo clinico, esperto in psicologia dello sport. Con gli scacchi si possono
fare molte applicazioni a livello psicopedagogico, mi spiego meglio: non stiamo parlando
del gioco giocato a tavolino, ma stiamo parlando del contesto scacchistico nel suo
insieme, quindi della sua dimensione etica di regole, di rispetto, di limiti e di
responsabilità. Tutto questo può essere trasmesso a livello non verbale, ai nostri
ragazzi già in tenera età, con attività strutturate e possono elaborare delle problematiche
che – se non colte in tempo – potrebbero portare all’aggressività tra pari e quindi
al bullismo, che tanto preoccupa la scuola italiana. Il parlamento europeo, a maggioranza
- con tutti gli italiani che hanno votato anche a favore - ha stabilito la promulgazione
del programma “Scacchi a scuola” in tutte le scuole dell’Unione Europeae tutti
i suoi invitati – gli stati comunitari – a recepire gli scacchi nei programmi curriculari.