Presidenziali Usa: ieri il dibattito televisivo Obama-Romney
Presidenziali negli Stati Uniti: ieri sera si è svolto all’università di Denver, in
Colorado, il primo dibattito presidenziale fra i due candidati Barack Obama e Mitt
Romney. Ma quanto conta ancora un confronto televisivo nell’era dei social network?
Alessandro Gisotti lo ha chiesto al prof. Fausto Colombo, direttore
dell'Osservatorio sulla Comunicazione dell'Università Cattolica di Milano:
R. – Conta
molto. Da un certo punto di vista, i social media, Twitter e così via moltiplicano
l’efficacia del dibattito televisivo e lo fanno perché il momento del dibattito, soprattutto
nei sistemi come quello americano, in cui ci sono due candidati semplicemente – cosa
che succede ormai in molti Paesi – è uno dei pochi momenti in cui si può fare un confronto
diretto senza particolari mediazioni. Quindi, per i cittadini quello diventa il momento
clou della comprensione del candidato. Questo è ancora valido. In più, i cittadini
esprimono attraverso la Rete le loro opinioni, i loro commenti, anche se – va detto
– su twitter e in tutti gli altri social media ci sono degli opinion leader che sono
diversi da quelli dei giornali, ma che sono seguiti da vari followers e che, in qualche
modo, riescono ad influenzare, a mediare l’influenza del dibattito.
D. – In
qualche modo, dopo la sfida televisiva, nello specifico Obama-Romney, inizia la sfida
dei collaboratori, degli strateghi dei due candidati...
R. – Direi ancora di
più, direi che comincia “durante”, nel senso che Twitter commenta in diretta. Quindi,
la gente guarda la televisione e scrive. Naturalmente, questo è noto agli strateghi
della comunicazione dei due, che faranno di tutto per orientare, interpretare, modificare
e suggerire. E’ una complicazione che aumenta. Sale esponenzialmente la complessità
del dibattito. Detto questo, io rimango convinto che sia la politica che fa la politica
e quindi penso che la gente aderisca alle idee più che alla comunicazione. Naturalmente,
la comunicazione fa la sua parte.
D. – Da Kennedy-Nixon il dibattito televisivo
tra i candidati alla Casa Bianca è ormai un momento irrinunciabile e anche un momento
evidentemente spettacolare, in qualche modo, con una grande attenzione a tutti i dettagli.
Quanto, però, l’immagine rischia di superare quelli che sono i temi, i contenuti?
R.
– Il problema, naturalmente, è che più la politica è agita e condivisa dai cittadini
e meno conta il momento finale della campagna elettorale. Ma in una situazione come
quella di gran parte delle democrazie occidentali, in cui c’è una specie di delega
– magari poi scontenta – un disinteresse dei cittadini nei confronti della politica,
allora è chiaro che la scelta diventa più emotiva e più istantanea. In questo senso,
lo spettacolo è importante.
D. - Sicuramente, quindi, non tramonterà questa
formula, almeno nell’immediato futuro. Anche se diventa molto più articolata, molto
più integrata con gli altri media...
R. – Penso che ci sarà ancora un lungo
futuro e penso che comunque l’idea del dibattito forse non coincida con l’idea di
democrazia, come alcuni media vogliono farci credere. Ma l’idea del dibattito fra
i due candidati rimane uno strumento saliente per comprendere alcune cose e soprattutto
esprimere almeno una coincidenza emotiva con il candidato che si vuole votare.