Caritas Torino apre una casa per favorire l'incontro tra padri separati e i loro figli
Inaugurazione ieri pomeriggio a Torino della “Casa di nonno Mario”, progetto ideato
dalla Caritas diocesana per offrire un aiuto concreto ai padri separati, categoria
di persone in aumento e sempre più in difficoltà. La casa che ieri è stata benedetta
dall’arcivescovo, Cesare Nosiglia, intende favorire il mantenimento della relazione
di questi padri con i propri figli, garantendo loro un luogo di incontro decoroso
e familiare. Per saperne di più, Adriana Masotti ha sentito Pierluigi Dovis,
direttore della Caritas torinese:
R. - È un’opportunità
offerta ai padri separati che vivono in una situazione di vulnerabilità sociale di
poter esercitare ugualmente, almeno una parte, del proprio ruolo genitoriale. Voglio
dire: negli ultimi mesi abbiamo incontrato diversi papà separati che si sono trovati
a vivere una situazione molto complessa: da una parte, il fatto di non poter vivere
più nella casa coniugale e, dall’altro, l’impossibilità di aver una casa adeguata
per sè e tanto meno per poter ricevere i bambini secondo le tabelle che le sentenze
dei tribunali avevano prestabilito. Per cui, alcuni di loro ci dicevano: ”Noi d’estate
incontriamo i nostri bambini al parco e d’inverno andiamo in un bar”. L’idea è stata
allora quella di provare a mettere a disposizione un luogo "fisico", che sapesse di
casa, nel quale il papà e i bambini, possano vivere alcune ore, al massimo quattro
giornate - notti comprese - e svolgere una vita di famiglia. Ma ci pareva che non
fosse giusto che quella fosse “la casa del papà”. E allora abbiamo intitolato questa
casa “Nonno Mario”, un nonno, per la verità un diacono permanente, venuto a mancare
pochi mesi fa, che per oltre venti anni è stato l’animatore del Centro di ascolto
diocesano della nostra Caritas. Questa casa quindi è stata intitolata a lui come ricordo,
ma anche per far sentire questo luogo come una vera è propria casa. Sono già dieci
i papà che a partire da dopodomani, inizieranno ad abitare per periodi più o meno
lunghi questa casa con i loro bambini.
D. – Non si tratta, dunque, di una residenza
più o meno stabile per i padri, ma proprio finalizzata a questo incontro con i figli...
R.
- Esattamente. Non una residenza, ma al massimo un pernottamento per quattro notti.
Alcuni servizi sociali con i quali stiamo collaborando, ci hanno anche chiesto di
poter utilizzare per un’ora o due questo ambiente, come luogo neutro, dove far incontrare
i figli con entrambi i genitori sotto la supervisione di un’assistente sociale o di
uno psicologo per quelle famiglie che vivono dei momenti difficili.
D. – Mi
sembra un’iniziativa molto originale: forse la prima di questo tipo in Italia?
R.
– Nel circuito delle Caritas diocesane italiane sta crescendo l’attenzione per i papà
soli, e diverse stanno pensando - e alcune già attuando - delle piccole comunità residenziali
per i papà. Un’iniziativa di questo tipo, mi pare di poter dire - ma potrei essere
smentito - che sia unica in questo momento nel panorama italiano. E noi ci auguriamo
che la cosa diventi più ampia perché non c’è bisogno di avere tante risorse dal punto
di vista abitativo….
D. – Sono già dieci i padri che hanno contattato la vostra
iniziativa. La “Casa di nonno Mario” accoglierà un nucleo famigliare per volta o più
padri con i propri figli anche contemporaneamente?
R. -No, un nucleo per volta.
Proprio perché l’obiettivo è curare la genitorialità. Un papà con uno, due, tre, quattro
figli… ma solo loro, nessun altro. Quando poi hanno finito il loro “turno”, sarà il
turno di un altro, perché quello che vogliamo realizzare è ciò che un altro papà ci
ha detto: “Mi piacerebbe poter cucinare personalmente un piatto di spaghetti per i
miei figli per sentirmi ancora il loro genitore”. Non per niente, il progetto che
sta sotto la “Casa di nonno Mario” è stato intitolato: “Àncora papà”, ma mettendo
anche l’accento sulla “a” iniziale, per cui si può leggere anche "áncora papà": un’áncora
che aiuta i papà ad essere ancora tali.