Mons. Tomasi: servono norme internazionali a tutela dei non vedenti
Creare uno strumento internazionale per aiutare le persone disabili a sviluppare le
proprie competenze. E’ l’appello che mons. Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente
della Santa Sede all’Onu di Ginevra, ha lanciato nel corso del suo intervento all’Assemblea
della Wipo, l'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale, in programma
nella città elvetica fino al 9 ottobre. L’arcivescovo ha ricordato gli importanti
sforzi dell’organizzazione in diversi Paesi del mondo per promuovere l’innovazione
e la creatività e il grande contributo venuto dalla firma del Trattato di Pechino,
del luglio scorso, che conferisce agli artisti audiovisivi diritti per lo sfruttamento
delle loro esecuzioni. Mons. Tomasi ha espresso poi l’auspicio perché si lavori per
arrivare a “uno strumento internazionale giuridicamente vincolante riguardante le
limitazioni per le persone cieche ed ipovedenti”. Il presule ha ricordato infatti
che solo il 5% delle persone non vedenti ha accesso ai libri pubblicati nei Paesi
più sviluppati mentre in quelli poveri la percentuale scende all’1%. “Un fatto sconvolgente”,
soprattutto in un’epoca in cui la tecnologia ha fatto passi da gigante.
Pertanto,
mons. Tomasi ha richiamato l’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani nella quale si riconosce a tutti gli individui il diritto di partecipare alla
vita culturale della comunità. “Il copyright – ha aggiunto – non è un ostacolo alla
parità di accesso alle informazioni, alla cultura e all'educazione delle persone con
disabilità”. Da qui, il richiamo alla Laborem Exercens di Giovanni Paolo II
nella quale si affermava che era “indegno” far lavorare solo le persone pienamente
funzionali, “una grave forma di discriminazione” quella dei “forti e sani contro i
deboli e gli ammalati”. “La Santa Sede riconosce che la protezione della proprietà
intellettuale è necessaria per il progresso” e allo stesso tempo “si ricorda che l’obiettivo
primario della conoscenza è il bene comune”. “Il bene comune – ha proseguito mons.
Tomasi – deve essere servito nella sua pienezza, non secondo una visione riduzionista
solo a vantaggio di alcune persone”. Lavorare per il bene comune significa cercare
il bene altrui come se fosse il proprio bene e nel rispetto della giustizia sociale.
“In conclusione – ha detto l’arcivescovo – la delegazione della Santa Sede desidera
ricordare che in ogni impresa di pensiero e di azione, in ogni approccio scientifico,
tecnico o giuridico, la proprietà intellettuale è chiamata al rispetto del Creato
e in particolare al rispetto della persona umana”.