Parigi: conferenza del cardinale Filoni sull'audacia missionaria
“Evangelizzare non è mai una cosa semplice. In alcuni Paesi per evangelizzare è necessaria
una autentica audacia missionaria. Questo è il caso del Tibet: non solo oggi, ma fin
dai primi tentativi della sua evangelizzazione. Da qui la necessità di inviare uomini
di fede dal carattere temprato, animati da un ardente zelo apostolico e entusiasti
della loro missione”. Con queste considerazioni il cardinale Fernando Filoni, Prefetto
della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha iniziato la sua conferenza
dedicata all’audacia missionaria, tenuta nel pomeriggio di sabato scorso a Parigi,
presso la Società per le Missioni Estere di Parigi (Mep) dopo aver inaugurato la mostra
dedicata alla missione in Tibet. Nella sua esposizione - riporta l'agenzia Fides -
il cardinale ha ripercorso la complessa e travagliata storia della missione in Tibet,
i cui inizi risalgono al XVI secolo, con i portoghesi, fino all’affidamento, il 27
marzo 1846, del vicariato apostolico del Tibet alla Società per le Missioni Estere
di Parigi. A quel tempo, alla Società di Rue du Bac non mancavano uomini audaci, perfino
eroici, come i primi tre missionari martirizzati a Seoul, nella missione della Corea.
Il cardinale Filoni ha quindi citato i primi due vicari apostolici del Tibet, mons.
Thomine-Desmazures e mons. Chauveau, “che più volte hanno dovuto frenare lo zelo e
l'audacia dei loro missionari. La vita di questi missionari, come rilevano gli studiosi,
fu contrassegnata da espulsioni, distruzione, ricostruzione, morti violente e crudeli.
“In questo contesto, questi pionieri di Dio hanno vissuto l’audacia, l’avventura,
la fede, la passione, in modo assolutamente unico – ha sottolineato il cardinale Filoni
-. Dal punto di vista etico, non si può ignorare che il martirio e la testimonianza
eroica di tanti missionari sono stati i frutti di questa missione ‘impossibile’ portata
avanti da uomini in cui il Vangelo aveva rapito cuore, spirito e corpo”. Dopo circa
un secolo di lavoro missionario, fecondato dal sangue di numerosi martiri, nel 1950
il Tibet divenne una regione cinese autonoma e tutti i missionari furono espulsi,
costretti a lasciare un’opera appena iniziata. “Ma oggi possiamo ancora parlare di
audacia missionaria ?” si è chiesto il cardinale, sottolineando le profonde differenze
del contesto preconciliare con l’attuale. “Le Chiese frutto della ‘audacia’ di un
tempo erano guidate dal personale e dai vescovi occidentali, i religiosi erano per
lo più bianchi, i mezzi materiali venivano dall'Occidente, i progetti erano creati
da occidentali con forme di adattamento pratico. Oggi le Chiese in Africa, Asia e
Oceania sono molto diverse: i vescovi e i sacerdoti sono per lo più indigeni, i seminari
sono ricchi di vocazioni autoctone, le istituzioni culturali lavorano con il personale
del luogo, le opere educative e sociali rispondono ad amministratori locali. Nel frattempo
stiamo assistendo ad una rapida diminuzione dei missionari dei Paesi di antica cristianità,
alla crisi delle vocazioni, all’abbandono delle tradizioni in Africa, Asia e Oceania”.
Il cardinale ha quindi proseguito: “Tale contesto mi fa pensare, in questo momento,
ad un esaurimento storico di questa audacia, ma, al tempo stesso, alla nascita di
nuove forme di presenza missionaria legata, ad esempio, ad un laicato più consapevole
del proprio ruolo missionario, con una sensibilizzazione a livello di giovani, di
famiglie, di professionisti e, perché no, di anziani disposti a dare alcuni anni della
loro vita come missionari”. Nella parte conclusiva della sua relazione, il Prefetto
del Dicastero Missionario ha invitato ad interrogarsi sulle nuove frontiere della
missione ai nostri giorni, e di quale tipo di “audacia” dobbiamo parlare oggi, ed
ha sottolineato come i due fattori “immutabili ed intrinseci” della missione siano
sempre gli stessi: il messaggio e l’uomo. Domenica mattina il cardinale Filoni ha
celebrato la Santa Messa nella sede del Mep. Nella sua omelia ha messo in evidenza,
alla luce delle Letture del giorno, il ruolo centrale dello Spirito Santo nell’opera
missionaria. Il cardinale ha sottolineato che “il Signore è sovranamente libero: fa
dono dello Spirito a chi vuole. Il frutto di questo dono è un profondo atteggiamento
di apertura e di servizio, in contrasto con il nostro istinto naturale che è quello
di escludere, controllare, dominare”. Quindi ha ricordato che “lo Spirito Santo è
il protagonista di tutta la missione della Chiesa.… Dal momento che è il fuoco d'amore
che sviluppa l'azione evangelizzatrice, è essenziale lasciarsi guidati dallo Spirito
Santo per ottenere una missione fruttuosa”. (R.P.)