2012-10-01 16:26:50

Morto a Roma Shlomo Venezia, sopravvissuto ad Auschwitz. Testimone della Shoah


E' morto, a Roma, Shlomo Venezia, ebreo italiano, tra i sopravvissuti all'internamento nel campo di concentramento nazista di Auschwitz-Birkenau. Aveva 89 anni. Durante la prigionia, fu obbligato a lavorare nei Sonderkommando, squadre composte da internati e destinate allo smaltimento e alla cremazione dei corpi nelle camere a gas. Instancabile il suo impegno nella testimonianza dell’orrore della Shoah tra i giovani. Cordoglio è stato espresso dal presidente della Camera, Gianfranco Fini. Per un ricordo di Shlomo Venezia, Paolo Ondarza ha intervistato il compagno di prigionia ad Auschwitz, Piero Terracina:RealAudioMP3

R. – Abbiamo avuto esperienze terribili tutti e due. Direi che quelle di Shlomo sono state le più terribili: a contatto continuo, per tutta la giornata, con la morte. Lui era addetto alle camere a gas e ai forni crematori, nel centro del massacro. Di quelli che erano al Sonderkommando è stato l’unico italiano che è tornato, che è riuscito a sopravvivere. E’ una perdita grave, gravissima, per tutti noi. E' la perdita di una persona che conosceva i fatti ed è una perdita perché – tra l’altro – lui si era dedicato molto alla testimonianza.

D. – Proprio questo suo impegno nella testimonianza è stato un lavoro assiduo, un lavoro che lo motivava profondamente, perché era convinto che la memoria fosse fondamentale, irrinunciabile per andare avanti…

R. – Sì, lo scopo era quello. E’ lo scopo che abbiamo noi tutti, che ci dedichiamo alla testimonianza rivolta soprattutto ai giovani. Il nostro impegno è questo. Shlomo l’ha fatto veramente a tempo pieno. Speriamo che qualche cosa rimanga.

D. – Tra i giovani che lo hanno ascoltato nei luoghi in cui Shlomo Venezia è andato a dare testimonianza, il ricordo è vivo, è forte: una testimonianza, dunque, che ha lasciato un segno. Questa è la sua eredità e questo lo rende ancora vivo tra i giovani a cui ha parlato…

R. – Sì, questa è la nostra speranza. Quando noi andiamo a parlare con i giovani, rimane qualcosa di positivo: rimane la consapevolezza di avere lasciato delle emozioni, delle commozioni. E questo significa che un segnale è arrivato. E’ molto importante per noi. E’ importante per il futuro: i giovani, gli uomini di domani, avranno un giorno una famiglia e racconteranno ciò che hanno ascoltato. Questo penso che sia la cosa più importante.







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