A Rovereto il quinto incontro nazionale sull'educazione
Aiutare i ragazzi a capire quali sono i loro sogni e dare loro la speranza che è ancora
possibile realizzarli. Questo tra gli obiettivi del quinto incontro nazionale sull’
educazione “Educa” che si è concluso domenica scorsa a Rovereto. Al meeting, che
ha avuto come tema “Educare nell’incertezza. Cosa farà da grande?”, si sono alternati
oltre 90 relatori. Veri protagonisti della quattro giorni, sono stati, però, proprio
i ragazzi che si sono confrontati sul futuro con le famiglie, e gli educatori. Il
commento di Michele Odorizzi, presidente di "Educa" al microfono di Marina
Tomarro:
R. – Il primo
dato interessante che emerge è la voglia di partecipare, di riuscire a condividere
tra di loro ed anche con il mondo adulto - tra le famiglie, i genitori - queste loro
riflessioni attorno all’incertezza. E’ stata davvero una grande occasione, utile per
loro, per pensare effettivamente a cosa li riguarderà, in prospettiva, che cosa faranno
e cosa saranno da grandi, senza dimenticare per un attimo che la crescita delle persone
evidentemente non è riconducibile solo alla possibilità di avere il necessario posto
di lavoro, la necessaria possibilità di essere autonomi, ma che tutto questo, alla
fine, è in subordine alla risposta alla domanda: “Che uomo sarà? Che cittadino sarà?”
Ed è questo che ha attraversato le sale di “Educa”, con uno sguardo al futuro, che
ci si è concessi di fare anche guardando indietro.
D. – Lo scorso anno avete
lanciato il progetto “Officina giovani”. Ad oggi quali sono i risultati?
R.
– “Officina giovani” è nata come progetto rivolto in specifico ai ragazzi giovani.
Ci sono stati 15 gruppi che a livello nazionale hanno cominciato ad interrogarsi sul
proprio futuro, su cosa faranno da grandi, e hanno individuato queste tracce di futuro
in una riflessione attorno ai temi della cittadinanza, della legalità, dell’utilizzo
dei beni comuni come occasioni e strumenti per consentire loro di darsi delle prospettive
effettive di lavoro. E’ stato interessante, perché si sono confrontati ragazzi da
Napoli, dal Piemonte all’Emilia, portando le loro esperienze concrete.
D. –
Tra le tante esperienze c’è qualcuna che ricorda in particolare?
R. – L’esperienza
dei ragazzi del quartiere "Sanità" a Napoli, che sviluppando un progetto sulle Catacombe
di San Gennaro e costruendo percorsi turistici sono riusciti a rilanciare il turismo
anche all’interno di quel quartiere, che era assolutamente fuori da qualsiasi rotta
e interesse dei turisti che andavano a Napoli. Più di 40 mila persone ormai "girano"
all’interno del quartiere e riescono a vederlo sotto altri occhi. Questi ragazzi hanno
poi ritrovato il senso, non solo dell’utilità di un lavoro, di un’occupazione, ma
anche il senso di rinvestire in percorsi d’istruzione scolastica. Quindi, percorsi
interrotti sono ripresi, trovando un nesso tra l’acquisizione di competenze specifiche
e prospettive anche di riscatto, di liberazione per ciascuno.