2012-09-29 16:41:02

Carceri: situazione drammatica. Indagine sul rapporto prigione-recidiva


Una situazione che non fa onore all’Italia: lo ha detto nei giorni scorsi il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in riferimento allo stato delle carceri. Ed ha auspicato che le proposte di legge volte a incidere sulle cause della degenerazione degli istituti di pena trovino sollecita approvazione in Parlamento, a cominciare da quelle per l'introduzione di misure alternative fino a forme di amnistia o indulto. Una posizione condivisa dal ministro della Giustizia, Paola Severino che in settimana aveva presentato l’avvio di un’indagine scientifica sul rapporto carcere-recidiva. Sull’iniziativa Adriana Masotti ha sentito il parere di Patrizio Gonnella dell’associazione Antigone:RealAudioMP3

R. - Un’indagine essenziale, perché serve a liberare da tutti i pregiudizi e gli stereotipi che ci sono intorno al fatto che il carcere deve essere solo vessazione, punizione cieca. Invece, noi sappiamo, sia per conoscenza empirica nel nostro lavoro di osservazione, ma anche per conoscenza scientifica - perché ci sono già delle ricerche in tal senso - che chi sconta una pena in carcere con un trattamento umano, con opportunità di educazione scolastica, di un lavoro qualificato, di partecipazione ad attività teatrali degne di questo nome, ha sicuramente un tasso di recidiva più basso. C’è già un’indagine di questo tipo fatta in Germania, che lo ha dimostrato in modo inequivocabile. Chi, per esempio, ha studiato durante l’esperienza di detenzione, poi non ricommette, quasi mai, un crimine quando esce dal carcere. C’è una ricerca in questo senso fatta in Italia su chi ha avuto l’opportunità di una misura alternativa: chi l’ha avuta durante la carcerazione ha un tasso di recidiva tre volte più basso di chi invece si è fatto tutto il carcere dentro. E quindi, ben venga una ricerca in questo senso.

D. - Lei parla di opportunità culturali, di lavoro, dentro il carcere e di misure alternative, cioè di tutti e due gli aspetti…

R. - Contano entrambi. Conta l’opportunità che si possa avere un progressivo avvicinamento al mondo esterno, perché chi è stato per esempio quattro o cinque anni in carcere senza mai avere contatti con l’esterno, si ritroverà quando esce in un mondo diverso. Figuriamoci chi è entrato in carcere prima dell’era della digitalizzazione, di internet: ora esce, non sa neanche più come cercare lavoro. Quindi piano, piano, bisogna invece, avvicinare le persone, prepararle all’uscita. E poi conta come si è i trattati dentro, perché lo Stato forte, non è lo Stato che tratta male: è lo Stato che tratta nella legalità. Lo Stato forte è quello che dentro ti fa studiare, ti consente di avere un contatto religioso, di imparare un mestiere, di esercitalo e per farlo non ti sfrutta, ti tratta decentemente, ti fa fare un’esperienza di teatro… Pensiamo che oggi è candidato all’Oscar il film: “Cesare deve morire”. Conosco gli attori di quella compagnia teatrale, ed alcuni di questi oggi sono attori professionisti!







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