Mons. Tomasi: mortalità da parto in calo, ma ancora troppe carenze nel sostegno alle
mamme
La mortalità infantile e materna nel mondo è diminuita negli ultimi 20 anni, ma resta
ancora grave il fenomeno. Nel solo 2010, 287 mila donne hanno perso la vita al momento
del parto. Delle misure ancora da prendere si è parlato alla 21.ma sessione del Consiglio
dei diritti umani in corso in questi giorni a Ginevra. Fausta Speranza ha intervistato
l’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso
le nazioni Unite e altri organismi internazionali nella città elvetica:
R. – Il problema
che si pone per la comunità internazionale, che vuole aiutare a risolvere questo problema
della mortalità materna, è quello di creare le circostanze che facilitino il parto
e aiutino la gravidanza in modo che le donne si sentano veramente seguite in questo
momento particolare che è quello che anticipa la nascita di una nuova creatura. Già
nel 1993, la Dichiarazione di Vienna e il suo programma di azione sui diritti umani
affermava che bisogna dare una priorità particolare a ridurre la mortalità infantile
e la mortalità materna. C’è stato progresso in questi vent’anni, però ci sono ancora
difficoltà che sono state messe in luce dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite
per i diritti umani: più di 10 milioni di madri soffrono condizioni difficili nel
momento della gravidanza o del parto stesso. Per cui, bisogna continuare a lavorare
e fare in modo che ci sia assistenza, che ci siano condizioni igieniche appropriate,
che ci siano, se non medici, almeno persone qualificate che aiutino nell’evitare infezioni,
perdite eccessive di sangue e così via. Bisogna impegnarsi, altrimenti c'è chi usa
questa mancanza di attenzione - e quindi il numero di morti da gravidanza e parto
- come una giustificazione per dire che la soluzione più pratica è quella dell’aborto.
D.
- La Santa Sede raccomanda anche attenzione ai termini con cui si affrontano queste
problematiche, perché?
R. – Perché la terminologia che viene utilizzata - per
esempio, in inglese, “sexual and reproductive health and rights” - implica tacitamente
la giustificazione dell’uso dell’aborto quasi come un diritto umano e come una delle
misure efficaci per garantire la salute della donna. E’ chiaro che la salute della
donna deve essere protetta, ma allo stesso tempo noi diciamo che il valore della vita
è sempre un valore importante e anzi un valore primario, per cui sia la vita della
mamma che la vita del bambino devono essere protette. La tentazione o la tendenza
è di utilizzare certe frasi che possano essere interpretate in una maniera oggettiva,
innocua direi, mentre sono interpretate normalmente, messe in testi anche di un certo
valore legale, come una porta che garantisce l’accesso all’aborto.