Pakistan: caso Rimsha “pietra miliare per fermare gli abusi e promuovere pace e tolleranza”
Riprenderà il 1° ottobre il processo a carico di Rimsha, la bambina pakistana di 14
anni che soffre di ritardo mentale, accusata nelle scorse settimane di blasfemia per
aver bruciato alcune pagine del Noorani Qaida, un libro utilizzato per apprendere
le basi dell’arabo e del Corano, accusa poi rivelatasi infondata. Tutto il fascicolo
è stato trasferito al tribunale minorile. Nei giorni scorsi, come riportato dall’agenzia
AsiaNews, la polizia ha depositato il fascicolo di inchiesta relativo al caso della
bambina dal quale emerge che non ci sono né indizi, tantomeno prove o testimonianze
di colpevolezza a suo carico. In molti, però, chiedono il proscioglimento immediato
della bambina. Fra questi, mons. Rufin Anthony, vescovo della capitale pakistana,
che afferma che “tutte le accuse a suo carico vanno fatte cadere”. Il prelato si interroga
anche sul perché, “se non ci sono prove contro Rimsha il caso è stato trasferito al
giudice del tribunale minorile”. La situazione relativa alla convivenza tra diverse
culture e religioni in Pakistan si fa sempre più delicata, ma il vescovo sottolinea
come questa vicenda dovrebbe essere usata “come pietra miliare per fermare gli abusi
commessi in nome della blasfemia. È tempo – conclude il vescovo – di promuovere pace
e tolleranza”. (L.P.)