Il Pontificio Consiglio della Cultura alla "Settimana del buon vivere" a Forlì-Cesena
Ha preso il via lunedì a Forlì-Cesena, nel cuore della Romagna, la “Settimana del
Buon Vivere”, sul tema del bene comune. Con due eventi, oggi e domenica, prenderà
parte all’iniziativa anche il Pontificio Consiglio della Cultura. “L’antieconomia
della cultura o la cultura come sviluppo dell’economia?” è la prima tavola rotonda
alla quale parteciperà mons. Franco Perazzolo, officiale del dicastero vaticano
e responsabile del Dipartimento economia. Benedetta Capelli l’ha intervistato:
R. - Qual è
il cuore della questione? Quando si parla di cultura, si pensa a qualcosa che assorbe
le risorse economiche. Non ci si domanda mai, però, se la cultura non apra a degli
scenari che possano in qualche modo dilatare le possibilità di lavoro, e se non possano
diventare dunque una forma di ricaduta di possibilità di impegno, di possibilità soprattutto
per offrire alle persone degli orizzonti che non siano di appiattimento ma anzi di
allargamento di quelle che sono le possibilità di convivenza, le possibilità di scoprire
il valore dell’altro, le possibilità, insomma, di una spiritualità anche come visione
dell’uomo che non sia soltanto la visione economica.
D. - L’altra tavola rotonda
alla quale il Pontificio consiglio della cultura partecipa si svolgerà domenica 30
settembre. Parliamo sempre di bene comune come paradigma per la coesione tra i popoli.
Come si svilupperà anche questa riflessione?
R. - Mi sembra che sia importante,
in questo senso, far vedere il bene comune come possibilità di accesso a tutto quello
che è necessario per vivere alla persona umana, e per vivere nella piena dignità,
nel rispetto dei suoi diritti: un elemento che mette insieme culture e appartenenze
religiose diverse. Laddove c’è l’uomo, ci stiamo accorgendo che nessuno si sente di
rinunciare a portare il proprio contributo e questa tavola rotonda, mi pare di capire,
andrà proprio in questa direzione. Questa di Forlì è veramente diventata una piazza
aperta a tutti coloro che in qualche maniera vogliono contribuire perché non ci sia
lo scontro tra le persone, ma ci siano possibilità di incontro, di condivisione anche
di faticosa ricerca.
D. - Forse anche la scelta di questa zona, di Forlì-Cesena,
non è un caso. Lei parlava di questa piazza dove solitamente - in particolar modo
d’estate - vengono puntati i riflettori su un certo modo di vivere "leggero". Oggi,
invece si pone un messaggio diverso, si mette all’attenzione qualcosa di nuovo …
R.
- Si, in effetti noi abbiamo una visione della Romagna un po’ "godereccia", spensierata
e festaiola. In effetti, quello che passa a noi dai mass media è proprio questa immagine
che però sta stretta a quella gente, la quale dice: “Noi non siamo così. Siamo anche
così, ma stiamo cercando, soprattutto in questo periodo di crisi, non solo di dare
un’immagine diversa di noi, ma anche di far vedere che ci possono essere delle possibilità
a partire dalla crisi, di inventare qualcosa di nuovo”. E il titolo di tutta la Settimana
mi pare molto significativo: “Fragile, trasportiamo futuro”. Ecco, mi pare molto bello
questo sguardo verso un oltre che per ognuno di noi, poi assume i significati più
diversi. Però, l’importante è non fermarsi al proprio orticello, ma appunto, guardare
verso il futuro, guardare oltre.