Mali: accordo per l'intervento africano nel nord del Paese
Con il raggiungimento all’ultimo minuto di un accordo tra Bamako e la Comunità economica
dei Paesi dell’Africa occidentale (Cedeao/Ecowas) si è concluso il lungo iter diplomatico
sull’intervento militare regionale nel Nord del Mali, da cinque mesi controllato da
gruppi armati islamici e tuareg. Riuniti ad Abidjan il presidente di transizione Dioncounda
Traoré e il suo omologo ivoriano, Alassane Dramane Ouattara – alla presidenza di turno
della Cedeao – hanno stabilito che “l’operazione di riconquista del Nord si svolgerà
in sinergia permanente con le autorità maliane”. L’intesa - riporta l'agenzia Misna
- prevede che a Bamako, la capitale, non verranno dispiegate truppe straniere ma saranno
soltanto stabiliti un quartiere generale operativo e una base logistica della polizia.
Il ministro della Difesa maliano, Yamoussa Camara, ha assicurato che l’intervento
regionale si svolgerà “nella massima discrezione per non urtare la suscettibilità
e la sensibilità della maggioranza delle popolazioni molte attente all’argomento e
restie alla presenza di forze straniere sul proprio territorio”. Inoltre Ouattara
ha promesso che l’armamento maliano bloccato da settimane in Guinea verrà consegnato
in tempi brevi a Bamako. L’accordo raggiunto nel fine settimana conclude un ‘braccio
di ferro’ diplomatico durato per settimane e consente alla Cedeao di rivolgersi formalmente
al Consiglio di sicurezza dell’Onu per ottenere un via libera all’intervento nelle
regioni settentrionali. Il 26 settembre a New York è prevista una conferenza internazionale
sul Sahel presieduta dal segretario generale Ban Ki-moon. Pochi giorni fa i 15 Stati
membri si sono detti pronti a “esaminare e accogliere una proposta più realistica”
per il dispiegamento di una forza panafricana nel Nord del Mali. Sabato l’ex colonia
francese ha celebrato in un clima cupo e tra ingenti misure di sicurezza il 52° anniversario
di indipendenza da Parigi. In un discorso alla nazione Traoré ha sottolineato che
“la tragedia vissuta dal Mali ipoteca la sua stessa esistenza e ha deplorato che “l’irredentismo
dei tuareg si sia collegato col terrorismo transfrontaliero e internazionale e col
narcotraffico fiorente”. Se da una parte il capo dello Stato ha teso la mano ai ribelli
islamici, invitandoli a imboccare “la via del dialogo e del negoziato sincero e costruttivo”,
dall’altra si è detto “consapevole di essere alla guida di un Paese in guerra”, chiamando
la nazione a “fare blocco attorno all’esercito che deve essere riarmata fisicamente
e moralmente per liberare le regioni occupate anche con la forza se necessario”. Dal
Nord, il portavoce del Movimento per l’unità e il Jihad in Africa occidentale (Mujao),
collegato ad Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), Oumar Hamaha, ha risposto che “solo
se il Mali applicherà la sharia al cento per cento sarà possibile mettersi d’accordo”.
La stessa condizione è stata posta dall’altro gruppo islamico di Ansar Al Din. I ribelli
tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) hanno accolto positivamente
la mano tesa da Bamako, dicendosi “pronti a sedersi col governo per negoziare, ma
non allo stesso tavolo che i Jihadisti” ha detto Moussa Ag Assareid, responsabile
per la comunicazione. A Gao, Kidal e Timbuctù tuareg e islamici sono da tempo in rotta
anche se, in base ad interessi di potere, l’Mnla non ha esitato a avvicinarsi ad Ansar
Al Din. (R.P.)