Terminato il Capitolo generale dei Cappuccini: intervista con padre Jöhri
Undicimila frati e duemila conventi: è questa la famiglia dei Frati Minori Cappuccini,
che in questi giorni ha vissuto l’84.mo Capitolo generale, terminato questa mattina.
Alla guida c’è fratel Mauro Jöhri, 65 anni, della Provincia monastica svizzera, il
quale, dopo i primi sei anni di mandato, è stato riconfermato alla guida dell'Ordine
poche settimane fa. Questa notte, a San Giovanni Rotondo, il ministro generale presiederà
la celebrazione eucaristica per ricordare il 44.mo anniversario della morte di Padre
Pio, per poi festeggiare domani i 10 anni dalla prima memoria liturgica dedicata a
San Pio di Pietrelcina. Degli obiettivi per il futuro della famiglia dei Frati Minori
Cappuccini, Fausta Speranza ha parlato con lo stesso padre Mauro Jöhri:
R. – A partire
dall’esperienza di questo Capitolo e di quanto è emerso durante i lavori, le intenzioni
sono di rafforzare lo scambio e la condivisione anche tra i fratelli delle varie Province
e quindi una maggiore collaborazione da un continente all’altro e da una Provincia
all’altra. L’altra finalità – l’ho detto questa mattina nell’omelia – è di approfittare
veramente di questo Anno della fede, perché non è poi così evidente che si viva con
la consapevolezza non solo che Dio c’è, ma che Dio agisca.
D. – Padre Mauro,
a proposito di nuova evangelizzazione, come procedere?
R. – Io credo che si
debba da una parte rivedere molte forme della nostra azione pastorale, perché noi,
per così dire, "accudiamo" quelle poche persone che continuano a frequentare la Chiesa
e non siamo abbastanza attenti a tutta una realtà che ci sta sfuggendo. Dobbiamo uscire
un po’ dai nostri “ghetti” per andare verso l’altro, consapevoli anche che il fatto
di aver portato il Vangelo in Europa a suo tempo ha comportato anni e secoli: quindi,
non sarà un lavoro che si esaurisce nel giro di pochi anni. Una delle preoccupazioni
o meglio uno dei temi da affrontare in questi sei anni sarà proprio quello del nostro
lavoro, del lavoro pastorale.
D. – Tutti siamo chiamati a un impegno di nuova
evangelizzazione: qual è lo specifico dei Frati Minori Cappuccini?
R. – I Frati
Minori Cappuccini sono stati sempre la gente del popolo: hanno portato al popolo il
Vangelo con, direi, un po’ la "manica larga" e cioè anche con un senso di molta comprensione,
di molta vicinanza, di molta magnanimità e di benevolenza. Io credo che questa sia
una carta vincente ancora oggi: avvicinarsi alle persone sapendo che Dio ci ama tutti,
indifferentemente dal fatto che crediamo o che non crediamo, e aprire il cuore delle
persone per accogliere questo amore, per essere riconoscenti, per essere coscienti.
Io penso che noi Cappuccini in questo abbiamo una tradizione che ci può essere di
grande aiuto.
D. – Questo è anche un momento in cui i ricchi diventano sempre
più ricchi e i poveri diventano sempre più poveri nelle società in generale. Soprattutto,
con questa crisi aumenta la povertà nelle nazioni, anche le più ricche. Che cosa riscoprire
della povertà che voi testimoniate?
R. – Io le dirò che, molto concretamente,
nelle mense cosiddette dei poveri dei nostri conventi – e penso a due città come Milano
in Italia, o Detroit negli Stati Uniti – la frequenza è aumentata fortemente e noi
abbiamo non solo l’obbligo di condividere, ma anche di scuotere chi è possidente affinché
vada incontro al bisogno immediato di garantire al povero almeno il cibo, il vestito
e una certa dignità. Noi possiamo fare questo lavoro di primo aiuto, grazie anche
a molte persone ricche che anonimamente ci aiutano e condividono con altri. Credo
che questo rappresenti un segmento in tutto il lavoro che si può svolgere per dare
sollievo a chi è meno abbiente. Penso che, al momento, sia uno dei servizi che ci
caratterizza.