Proteste e scioperi in Sudafrica: colpita anche la multinazionale Anglogold
La protesta dei minatori sudafricani partita il mese scorso dalla miniera della Lonmin
a Marikana, con scontri e 34 morti, si e' estesa ad un'altra multinazionale, la Anglo-gold
Anshati, attiva nel settore dell'oro che diventa cosi' il sesto gruppo colpito dagli
scioperi. Anche qui i minatori chiedono un aumento salariale per arrivare almeno a
circa 1200 euro di base. Di fatto quella del settore minerario rappresenta una vera
sfida per tutto il Paese, come conferma l’economista Riccardo Moro, al microfono
di Salvatore Sabatino: R. – Sugli
equilibri economici probabilmente fino a un certo punto, nel senso che sicuramente
la risorsa mineraria per il Sudafrica è preziosa, com’è preziosa per tutta la parte
meridionale dell’Africa – pensiamo solo al rame in Zambia – e tradizionalmente è stata
la vita: l’economia cosiddetta “estrattivista” è la vita di questi Paesi, esattamente
come lo è stato per i Paesi latino-americani. Negli ultimi anni, però, il Sudafrica
ha vissuto un cambiamento molto, molto consistente e con un’espansione anche di molti
altri settori, tant’è che il Sudafrica è – in qualche modo - il centro economico,
commerciale e in parte anche produttivo per tutta la zona dell’Africa meridionale.
D. - Ricordiamo, infatti, che il Sudafrica attira anche molti lavoratori dai
Paesi limitrofi…
R. – Esattamente. In Sudafrica ci sono le sedi regionali e
continentali della maggior parte delle compagnie multinazionali che operano in Africa;
il Sudafrica è il ponte – anche dal punto di vista dei trasporti, specie l’aeroporto
di Johannesburg – per le relazioni intercontinentali con molte altre parti del mondo:
dall’Oceania all’Asia, alla stessa America del Sud e al mondo arabo. Quindi non vive
di sole miniere! Credo, però, che possa essere particolarmente importante dal punto
di vista sociale: il fatto che la Polizia abbia, in un momento in cui le manifestazioni
sono degenerate, sparato contro i manifestanti, ricordando il dolore che la Polizia
aveva provocato all’epoca dell’Apartheid, ha un valore simbolico fortissimo; non per
nulla da parte del governo e del presidente Zuma c’è stato un impegno molto notevole
per cercare di ricreare un clima di stabilità. Ci sono state le mediazioni anche da
parte dei leader religiosi.
D. – Il ruolo di motore economico e politico che
il Sudafrica svolge nel continente africano può essere messo in discussione da una
macchia che resterà comunque nella storia di questo Paese, come l’eccidio di Marikana?
R.
– Il Sudafrica è stato oggettivamente un faro straordinario per tutto il mondo per
come è riuscito ad uscire dalla situazione dell’Apartheid. I tre giganti che il Sudafrica
ha avuto e che sono Mandela, Tutu e De Klerk – l’ultimo presidente bianco – hanno
scelto un percorso di riconciliazione nazionale e che è un qualcosa che verrà ricordato,
studiato e che servirà di esempio e stimolerà anche – ed io non esagero a dirlo –
nei secoli successivi, perché è un esempio assolutamente non scontato di uscita pacifica
da una situazione estremamente drammatica. Io credo che proprio per questa ragione
il Sudafrica si trovi ad affrontare una sfida, che è nazionale in questo momento,
che è quella di utilizzare lo stesso metodo e lo stesso percorso per risolvere questo
problema. Detto questo, l’eccidio di Marikana– pur nella sua gravità – non credo che
possa mettere in discussione il ruolo del Sudafrica nel continente.
D. – Può
essere un faro anche il fatto che i lavoratori abbiano preso coscienza della loro
situazione e che siano riusciti poi, di fatto, ad ottenere l’innalzamento del tetto
salariale?
R. – Io credo assolutamente di sì. La questione della sindacalizzazione
e del riconoscimento dei diritti dei lavoratori è una questione che pare antica in
Europa, ma che non è di fatto antica in altre parti del Pianeta. In Sudafrica è ciò
che sta avvenendo, estendendo sempre di più il numero di persone a cui le tutele sono
riconosciute e garantite. Il fatto che questo Paese abbia risolto in modo così virtuoso
e che sia uscito in modo così virtuoso dall’Apartheid, non significa che tutti i problemi
siano risolti o che non ci siano ulteriori conflitti sociale. Credo che esistano però
tutti gli strumenti per affrontarli, rinnovando appunto quella che è stata l’esperienza
della costruzione del nuovo Sudafrica.