Venerdì di protesta nel mondo islamico per il film e le vignette su Maometto: 19 morti
in Pakistan
Venerdì di sangue in Pakistan con almeno 19 morti e quasi 200 feriti nelle manifestazioni
di protesta contro il film e le vignette su Maometto che ieri hanno infiammato tutto
il mondo islamico. Chiuse per motivi di sicurezza ambasciate, scuole, e associazioni
culturali francesi in 20 Paesi musulmani, così come l'ambasciata e i consolati Usa
in Indonesia. Il servizio di Adriana Masotti: Quello
in Pakistan è l’episodio più grave di una giornata di proteste annunciata: cinque
le città del paese coinvolte in violenti scontri tra dimostranti e polizia. Ma in
migliaia i musulmani sono scesi nelle piazze di Sana'a, nello Yemen, al grido ''Morte
all'America'' e ''Morte a Israele'', a Sidone e a Baalbek in Libano, a Karbala in
Iraq, nel Kashmir indiano. E poi a Dacca, in Bangladesh e a Kuala Lumpur, in Malaysia,
a Tokyo, in Giappone. Manifestazioni pacifiche anche a Roma e a Friburgo, in Germania:
"Chiediamo rispetto per il Profeta", e "No alla libertà d'insulto", le scritte sui
cartelli dei dimostranti. A Parigi, l'imam della Grande Moschea ha rivolto appelli
alla calma, ma il settimanale satirico francese Charlie Hebdo non fa marcia indietro
e annuncia una ristampa delle vignette su Maometto. Vignette "malevole e deliberatamente
provocatorie" secondo il portavoce dell'Alto Commissario Onu per i diritti umani
che definisce la pubblicazione irresponsabile. Un appello congiunto arriva da Unione
europea, Unione africana, Lega araba e Organizzazione della Conferenza islamica. per
condannare l'incitamento all'odio religioso e sottolineare che la libertà d'espressione
va rispettata, al pari però della figura dei profeti. "
Per una riflessione
su quanto sta accadendo per le vignette e il film ritenuto blasfemo, Benedetta
Capelli ha raccolto l’opinione di padre Samir Khalil Samir, docente di
Storia della cultura araba e Islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut:
R. – Il problema
è che nel contesto arabo musulmano noi stiamo vivendo una frustrazione grandissima,
perché ci sentiamo molto in ritardo riguardo al mondo mentre una volta eravamo, invece,
tra i più avanzati. Questo ci rende vulnerabili a qualunque cosa. Basta che qualcuna
faccia un’allusione e ci sentiamo aggrediti. Da noi, c’è gente che approfitta dell’ignoranza
e delle emozioni della gente e le usa per dire: “Andiamo a rispondere a questo blasfemo!”.
D. – Secondo lei, non ci dovrebbe essere uno scatto di responsabilità da parte
dell’Occidente?
R. – Nessuno Stato è in questione qui. Sono soltanto individui:
una persona ha fatto un film, ma che c’entra l’America in tutto questo? Non dobbiamo
limitare la libertà, dobbiamo avere una maggiore etica e dire: va bene, tu hai il
diritto di farlo, ma questa è una cosa buona? Su questo punto, sì, l’Occidente deve
fare un passo. Anche da parte nostra, in Oriente e nel mondo musulmano, dobbiamo fare
dei passi: dobbiamo passare – direi come nella linea del Papa – dall’emozione alla
ragione e la ragione – come lui la definisce - include anche l’etica. Per uscire da
questa situazione, ciascuno di noi ha un passo da fare. Non si può impedire la libertà,
si può solo correggerla attraverso l’etica e la spiritualità.
D. – Lei ha
citato Papa Benedetto XVI che è reduce da un viaggio in Libano veramente pieno di
significato. Il Libano diventa, a questo punto, modello per Oriente e per Occidente…
R.
– Non è il modello, ma è un modello utile soprattutto perché essendo un Paese arabo,
può aiutare tutti i Paesi arabi. E anche perché essendo un Paese dove i cristiani
rappresentano un 40%, può aiutare anche l’Occidente di cultura cristiana a rivedere
certe cose. E questa era l’idea del Santo Padre nei suoi discorsi, così come nell’Esortazione
Apostolica. Penso ai due paragrafi essenziali dell’Esortazione, il 29 e il 30, dove
parla della laicità sana e del fondamentalismo: proprio i problemi nei quali viviamo.
Il Papa dice che ci vuole un equilibrio tra i due, senza escludere nessuno dei due.
Il Libano è più aperto a questa doppia dimensione: la religione non è esclusa, ma
la politica nel settore politico ha l’ultima parola. Questo può servire da modello
in primo luogo per il mondo arabo musulmano, ma può anche essere utile per l’Occidente.