Mons. Mamberti all'Aiea: eliminare gli armamenti atomici e sviluppare gli usi civili
dell'energia nucleare
Disarmo nucleare e utilizzo dell’energia radioattiva per scopi pacifici e di sviluppo
umano. Tra questi due poli si è sviluppato l’intervento dell’arcivescovo Dominique
Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, che nei giorni scorsi ha preso
la parola a Vienna, durante la 56.ma sessione della Conferenza generale dell’Aiea,
l’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Il servizio di Alessandro De Carolis:
C’è una tecnologia
nucleare per la vita e c’è una tecnologia nucleare per la morte. La prima ha bisogno
di sviluppi che spesso latitano e la seconda dell’esatto opposto: di essere neutralizzata
mentre in molti la perfezionano. Mons. Mamberti affronta le due questioni partendo
dal dato più inquietante, quel “rinascimento nucleare” che oggi vive il paradosso
per cui da un lato, ha notato il presule, si riducono le scorte di armi nucleari e
dall’altro “si modernizzano gli arsenali nucleari e si investono ampie somme di denaro
per assicurare la loro produzione futura e il loro mantenimento”. Ma smantellare gli
arsenali non è “moralmente sufficiente, ha affermato mons. Mamberti. Serve altro:
una “cultura della pace fondata sul primato del diritto e sul rispetto della vita
umana”.
Affermato questo principio generale, il segretario per i Rapporti con
gli Stati ha analizzato alcune specifiche problematiche legate al tema: la difesa
dal “terrorismo nucleare”, persino da un “mercato nero nucleare”, e quindi l’implementazione
della sicurezza. Anche qui, tuttavia, mons. Mamberti ha distinto. “La sicurezza globale
– ha asserito – non può basarsi sulle armi nucleari”, bensì sull’adozione da parte
di tutte le potenze nucleari dei protocolli e delle norme in materia. In particolare,
del Trattato per l’interdizione globale degli esperimenti nucleari, considerato uno
“strumento importante”. “La Santa Sede – ha sottolineato il presule – è convinta che,
lavorando insieme, la firma, la ratifica e l’entrata in vigore del Trattato rappresenteranno
un significativo contributo per il futuro dell’umanità, così come per la protezione
della terra e dell’ambiente affidati alla nostra cura dal Creatore”. Ciò in quanto,
ha soggiunto, “l’umanità merita non meno che la piena cooperazione di tutti gli Stati
in questa importante materia” e soprattutto perché “le armi nucleari – ha scandito
ancora il rappresentante vaticano – hanno la capacità distruttiva di porre una minaccia
alla sopravvivenza dell’umanità e fintanto che esse continueranno ad esistere, la
minaccia all’umanità perdurerà. Inoltre – ha insistito – le armi nucleari sono inutili
nell’affrontare le attuali minacce come la povertà, la salute, il cambiamento climatico,
il terrorismo e la criminalità transnazionale. L’unico modo per garantire che queste
armi non saranno utilizzate ancora è attraverso la loro totale, irreversibile e verificabile
eliminazione, sotto controllo internazionale”.
Oltre alla sicurezza globale,
c’è poi la questione della “sicurezza nucleare” in senso proprio. E qui, mons. Mamberti
– assicurando che “la Santa Sede segue da vicino i progressi registrati dal Piano
di Azione dell’Aiea” – ha individuato il punto di approccio al problema. “Una crisi
locale nucleare – ha dichiarato – è di fatto un problema globale” e quindi la sicurezza
energetica necessita certo di “tecniche appropriate” per la protezione dei siti, ma
più ancora della crescita del “senso di responsabilità” da parte di chi gestisce gli
standard di tutela. Infine, il positivo dell’energia nucleare, quello che permette
di combattere la fame o le malattie. Ricordando che la Santa Sede è sensibile e attiva
sul punto, mons. Mamberti ha ricordato che metà dei pazienti cui è stato diagnosticato
un cancro potrebbero beneficiare della terapia radioattiva, ma che ciò accade solo
in parte dei Paesi in via di sviluppo per la “carenza di attrezzature”. In ogni caso,
ha concluso, “le biotecnologie e le tecnologie nucleari non possono essere valutate
unicamente sulla base di interessi economici immediati. Devono essere sottomesse prima
di tutto a rigorosi esami scientifici ed etici, al fine di prevenire che esse diventino
pericolose per la salute umana e per il futuro del nostro pianeta”.