In Francia si temono disordini dopo le vignette satiriche su Maometto
Tensione in Francia dopo la pubblicazione delle vignette satiriche su Maometto. Si
temono violenze domani nel giorno del venerdì di preghiera islamico. Intanto sul film
americano ritenuto blasfemo su Maometto è intervenuto anche il segretario generale
dell’Onu. Ce ne parla Benedetta Capelli:00:00:51:94 Scandaloso e
vergognoso. Così Ban Ki-moon ha definito il film su Maometto che ha provocato violenze
in diversi Paesi arabi. Poi, riferendosi alle vignette pubblicate in Francia, il segretario
generale dell’Onu ha ribadito il diritto inalienabile alla libertà di espressione
ma ha lanciato un appello perché non diventi un pretesto per “umiliare gli altri nei
loro valori e credenze”. Intanto si temono disordini domani, venerdì di preghiera
islamico, tanto che la Francia ha ordinato la chiusura delle sue ambasciate in almeno
20 Paesi. Sulla stessa linea gli Stati Uniti, domani la sede diplomatica a Giacarta
e quelle di altre città dell’Indonesia resteranno chiuse. In Afghanistan si registrano
nuove manifestazioni di protesta, in piazza a Kabul sono scesi centinaia di afghani,
alcuni hanno bloccato il traffico cittadino scandendo slogan contro gli americani
ed i francesi. Dopo il settimanale Charlie Hebdo, una rivista satirica tedesca Titanic
ha annunciato per fine mese la pubblicazione di una copertina con una caricatura di
Maometto.
Su quanto sta accadendo in Francia e sulle violenze scatenate dal
film su Maometto, ascoltiamo al microfono di Benedetta Capelli l'opinione dello
scrittore musulmano iracheno Younis Tawfik, docente di cultura araba all’Università
di Genova:
R. - Innanzitutto, io come scrittore e uomo di cultura detesto qualsiasi
uso della creatività, dell’arte, per offendere le religioni, qualsiasi essa sia. Noi
musulmani non siamo abituati a questo tipo di blasfemia. Condanno fermamente le violenze
che vengono poi strumentalizzate per portare avanti progetti ben disegnati. Per cui,
possiamo protestare e dimostrare il nostro disdegno, ma ovviamente senza ricorrere
alle violenze.
D. - Cosa urta la sensibilità dei musulmani e secondo lei dietro
tutto questo c’è anche un diffuso sentimento antiamericano?
R. - Forse noi,
a differenza degli occidentali, abbiamo ancora più venerazione nei confronti di certe
figure - in questo caso Dio ed il suo profeta e tutti gli altri profeti menzionati
nel Corano - e questo urta i sentimenti quanto urta il credo di per sé. Abbiamo questa
sensazione che qualcuno lo faccia appositamente, cerca di offendere per creare lo
scontro. Per quanto riguarda invece gli Stati Uniti d’America, questo è un argomento
molto lungo e spinoso: oggi, gli Stati Uniti d’America vengono accusati di essere
innanzitutto il protettore in assoluto di Israele, vengono considerati come nuovo
rappresentante dell’Occidente colonialista, in questo caso imperialista.
D.
- Sulle vignette satiriche in Francia, il settimanale in questione aveva già pubblicato
nel 2006 le caricature apparse sulla stampa danese. Le chiedo: dove finisce la libertà
di espressione?
R. - Dal mio punto di vita, si sta assistendo ad una decadenza
della civiltà occidentale, perché la libertà di espressione deve avere già un limite
etico suo e questo non lo vedo assolutamente. La mia libertà si ferma dove inizia
quella dell’altro. Posso dire che l’ultimo viaggio del Papa in Libano è stato un segno
straordinario da parte della Chiesa Cattolica nei confronti del mondo musulmano, abbiamo
visto come il Papa è stato ricevuto. È stato un grande segnale, una grande lezione
che è stata data. Ma mi chiedo: come mai le persone colte, gli intellettuali, i governi
occidentali non sostengono questa linea del Papa per arrivare poi a una riconciliazione
con il mondo musulmano.
D. - Allora non sarebbe il caso di abbassare i toni?
R. - Ripeto: il discorso del Papa, il suo viaggio è già un passo gigantesco
che è stato fatto nei confronti del mondo islamico. Ma se questo non viene sostenuto,
ovviamente non avrà poi modo di andare avanti. E’ necessario però che il passo sia
collettivo e da ambedue le parti.