Messaggio di Benedetto XVI per i popoli indigeni: siano tutelati da ogni forma di
violenza
A 100 anni dall’Enciclica di San Pio X Lacrimabili statu indorum, Benedetto
XVI ha inviato un Messaggio all’arcivescovo della capitale e presidente della Conferenza
episcopale colombiana, Rubén Salazar Gómez. Tema: la difesa dei diritti e della dignità
degli indigeni, nonché la loro tutela da ogni forma di violenza. Un argomento sul
quale la Chiesa della Colombia ha celebrato in questi giorni, a Bogotá, un incontro
cui alla presenza di sacerdoti, religiosi e catechisti indigeni.
Di seguito
il testo integrale del Messaggio del Papa:
Mi ha allietato sapere che in Colombia
quest’anno è stata prevista la celebrazione del centenario della Lettera enciclica
Lacrimabili statu indorum firmata, il 7 giugno 1912, dal mio predecessore san
Pio X, e ho il piacere, in questa fausta circostanza, d’inviare a lei e a tutte le
Chiese particolari di quell’amata Nazione il mio cordiale saluto nel Signore. Il suddetto
documento, in continuità con la Lettera enciclica Immensa pastorum, di Papa
Benedetto XIV, aveva messo in evidenza la necessità di dedicarsi con maggior cura
all’evangelizzazione dei popoli indigeni e alla promozione costante della loro dignità
e del loro progresso.
Il ricordo di quel magistero è un’occasione straordinaria
che ci viene offerta per continuare ad approfondire la pastorale indigena e non smettere
d’interpretare ogni realtà umana per impregnarla della forza del Vangelo (cfr. Paolo
VI, Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, n. 20). Di fatto la Chiesa
non ritiene estranea nessuna legittima aspirazione umana e fa sue le più nobili mete
di questi popoli, tante volte emarginati o non compresi, la cui dignità non è inferiore
a quella di qualsiasi altra persona, poiché ogni uomo, e ogni donna, è stato creato
a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gn 1, 26-27). E Gesù Cristo, che mostrò
sempre la sua predilezione per le persone povere e abbandonate, ci dice che tutto
ciò che facciamo, o smettiamo di fare, «a uno solo di questi miei fratelli più piccoli»,
lo facciamo a lui (cfr. Mt 25, 40). Quindi, nessuno che si gloria del nome
di cristiano può disinteressarsi del suo prossimo o sminuirlo per motivi di lingua,
razza o cultura. In tal senso, lo stesso apostolo Paolo ci offre l’opportuna luce
dicendo: «noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo
corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi» (1 Cor 12, 13). Con vivi sentimenti
di vicinanza a quei popoli, mi unisco di buon grado a quanti, incoraggiati dai messaggi
dei miei predecessori sulla Cattedra di San Pietro, stanno portando avanti una benemerita
opera a loro favore, vedono con gioia le grazie che ogni giorno condividono con essi
e s’impegnano con coraggio a continuare ad accompagnarli al fine di costruire un futuro
luminoso e promettente per tutti.
In questa opera ci servono da modello l’audacia
apostolica di vescovi insigni come Toribio de Mogrovejo o Ezequiel Moreno, la carità
impeccabile di religiosi come Roque González de Santa Cruz o Laura Montoya, e la semplicità
e l’umiltà di laici tanto esemplari come Ceferino Namuncurá o Juan Diego Cuauhtlatoatzin.
Non possiamo neppure dimenticare le numerose congregazioni e gli istituti di vita
religiosa che nacquero nel continente americano per affrontare le sfide di quella
missione. E come non ricordare in questo stesso contesto l’illustre testimonianza
e le significative opere apostoliche intraprese da tanti uomini e donne che, con grande
spirito di comunione e di collaborazione ecclesiale, si dedicarono strenuamente a
portare a quelle genti il nome di Gesù Cristo, valorizzando ciò che le caratterizzava,
affinché nel Vangelo scoprissero la vita in pienezza alla quale avevano sempre aspirato.
Desidero esortare tutti a considerare questa ricorrenza come un momento propizio
per dare un nuovo impulso alla proclamazione del Vangelo tra questi nostri amati fratelli,
accrescendo lo spirito di mutua comprensione, di servizio solidale e di rispetto reciproco.
Aprendosi a Cristo, non subiscono alcun danno nelle loro virtù e qualità naturali;
anzi l’opera redentrice li rinvigorisce, li purifica e li rafforza. Nel suo divino
Cuore potranno trovare una fonte viva di speranza, forza per affrontare con tenacia
le sfide che hanno di fronte, consolazione nelle loro difficoltà e ispirazione per
scoprire i cammini di superamento e di elevazione che sono chiamati a percorrere.
Annunciando loro il messaggio salvifico, la Chiesa segue il mandato del suo Fondatore,
e su di Lui si fonda per assecondare i genuini aneliti di questi popoli, spesso frenati
dalla frequente mancanza di rispetto verso le loro usanze, come pure da scenari di
migrazione forzata, dalla violenza iniqua o dai seri ostacoli nella difesa delle loro
riserve naturali.
Con profondo amore verso tutti, e in sintonia con la dottrina
sociale della Chiesa, invito ad ascoltare senza pregiudizi la voce di questi nostri
fratelli, a favorire una vera conoscenza della loro storia e del loro modo di essere,
come pure a potenziare la loro partecipazione a tutti gli ambiti della società e della
Chiesa. L’attuale congiuntura è provvidenziale affinché, con rettitudine d’intenzioni
e configurati a Gesù Cristo, la via, la verità e la vita per tutto il genere umano,
cresca tra i pastori e i fedeli il desiderio di salvaguardare la dignità e i diritti
dei popoli indigeni e questi ultimi, a loro volta, siano più disposti ad adempiere
ai loro doveri, in armonia con le loro tradizioni ancestrali.
Supplico l’Onnipotente
affinché, prima di tutto, venga tutelato il carattere sacro della loro vita. Che per
nessun motivo si limiti la loro esistenza, poiché Dio non vuole la morte di nessuno
e ci ordina di amarci come fratelli. Che le loro terre siano adeguatamente protette.
Che nessuno, per nessun motivo, strumentalizzi e manipoli questi popoli e che questi
ultimi non si lascino trascinare da ideologie che li attanagliano pericolosamente.
Come pegno di copiosi doni celesti, mentre invoco la potente intercessione di Maria
Santissima, Madre del Creatore e nostra Madre, su tutti i partecipanti alle diverse
iniziative previste per commemorare il centenario della Lettera enciclica Lacrimabili
statu indorum, imparto a tutti una speciale Benedizione Apostolica, che aiuti
i popoli indigeni a sentire sempre più la Chiesa come la propria casa, per maturare
in tutto ciò che li nobilita dal punto di vista morale e religioso, e come focolare
di comunione per vivere autenticamente e uniti a Cristo la loro condizione di figli
di Dio.