Francia: tensioni dopo vignette satiriche su Maometto. Intervista con Younis Tawfik
Clima di tensione in Francia dopo la pubblicazione, oggi, di alcune vignette satiriche
su Maometto. Parigi ha vietato la manifestazione non organizzata convocata per sabato
per protestare contro il film americano, ritenuto blasfemo dal mondo musulmano. Ce
ne parla Benedetta Capelli:
Il settimanale
satirico "Charlie Hebdo" è quasi introvabile nelle edicole francesi, il sito Internet
è bloccato e la pagina Facebook del giornale inondata di commenti. Molto clamore ma
anche preoccupazione dopo la pubblicazione delle vignette su Maometto. Per venerdì
prossimo, saranno chiuse le ambasciate francesi in 20 Paesi all’estero nel timore
di violenze, mentre attorno alle sedi diplomatiche la sicurezza è stata rafforzata.
A Parigi, il ministro dell’Interno Valls ha convocato i rappresentanti della comunità
musulmana francese mentre la Lega Araba ha chiesto la fine delle tensioni soprattutto
dopo le violenze causate dal film ritenuto blasfemo su Maometto. Sabato la manifestazione
convocata a Parigi è stata vietata. Sulla vicenda stamani è intervenuto il premier
Ayrault che ha ricordato che in Francia chi si sente offeso può ricorrere alla magistratura.
Da registrare anche le parole del cardinale Vingt-Trois, presidente della Conferenza
episcopale francese: “Non si può dire qualsiasi cosa protetti dalla libertà di espressione”.
“Le vignette – ha concluso – susciteranno la repulsione di molti fedeli musulmani”.
Su
quanto sta accadendo in Francia e sulle violenze scatenate dal film su Maometto, ascoltiamo
l'opinione dello scrittore musulmano iracheno Younis Tawfik, docente di cultura
araba all’Università di Genova:
R. - Innanzitutto,
io come scrittore e uomo di cultura detesto qualsiasi uso della creatività, dell’arte,
per offendere le religioni, qualsiasi essa sia. Noi musulmani non siamo abituati a
questo tipo di blasfemia. Condanno fermamente le violenze che vengono poi strumentalizzate
per portare avanti progetti ben disegnati. Per cui, possiamo protestare e dimostrare
il nostro disdegno, ma ovviamente senza ricorrere alle violenze.
D. - Cosa
urta la sensibilità dei musulmani e secondo lei dietro tutto questo c’è anche un diffuso
sentimento antiamericano?
R. - Forse noi, a differenza degli occidentali, abbiamo
ancora più venerazione nei confronti di certe figure - in questo caso Dio ed il suo
profeta e tutti gli altri profeti menzionati nel Corano - e questo urta i sentimenti
quanto urta il credo di per sé. Abbiamo questa sensazione che qualcuno lo faccia appositamente,
cerca di offendere per creare lo scontro. Per quanto riguarda invece gli Stati Uniti
d’America, questo è un argomento molto lungo e spinoso: oggi, gli Stati Uniti d’America
vengono accusati di essere innanzitutto il protettore in assoluto di Israele, vengono
considerati come nuovo rappresentante dell’Occidente colonialista, in questo caso
imperialista.
D. - Sulle vignette satiriche in Francia, il settimanale in
questione aveva già pubblicato nel 2006 le caricature apparse sulla stampa danese.
Le chiedo: dove finisce la libertà di espressione?
R. - Dal mio punto di vita,
si sta assistendo ad una decadenza della civiltà occidentale, perché la libertà di
espressione deve avere già un limite etico suo e questo non lo vedo assolutamente.
La mia libertà si ferma dove inizia quella dell’altro. Posso dire che l’ultimo viaggio
del Papa in Libano è stato un segno straordinario da parte della Chiesa Cattolica
nei confronti del mondo musulmano, abbiamo visto come il Papa è stato ricevuto. È
stato un grande segnale, una grande lezione che è stata data. Ma mi chiedo: come mai
le persone colte, gli intellettuali, i governi occidentali non sostengono questa linea
del Papa per arrivare poi a una riconciliazione con il mondo musulmano?
D.
- Allora non sarebbe il caso di abbassare i toni?
R. - Ripeto: il discorso
del Papa, il suo viaggio è già un passo gigantesco che è stato fatto nei confronti
del mondo islamico. Ma se questo non viene sostenuto, ovviamente non avrà poi modo
di andare avanti. E’ necessario però che il passo sia collettivo e da ambedue le parti.