2012-09-18 07:52:48

Siria. Rapporto Onu: crimini di guerra e violazioni dei diritti umani. Ieri 60 morti


Siria nel sangue. Almeno una sessantina i morti ieri in diversi combattimenti. La battaglia più pesante ad Aleppo, mentre al Cairo si è riunito il gruppo di contatto sulla Siria. E intanto un rapporto Onu denuncia crimini di guerra e pesanti violazioni dei diritti umani da parte delle due fazioni. Il servizio è di Marina Calculli: RealAudioMP3
La commissione d’inchiesta dell’ONU sulla Siria raccomanda al Consiglio di Sicurezza “misure appropriate”. Ci sarebbero, infatti, prove sufficienti per deferire molte personalità alla Corte Penale Internazionale. Una seconda nuova lista di colpevoli di crimini contro l’umanità è stata poi stilata ma non resa pubblica. La decisione di rimettere l’elenco al giudizio della Corte resta però in mano al Consiglio di Sicurezza, dove la spaccatura tra il blocco occidentale da un lato e Russia e Cina dall'altro sembra insanabile. Ieri sera al Cairo si è tenuta invece una riunione ministeriale del Gruppo di contatto sulla Siria tra Egitto, Turchia, Iran e Arabia Saudita alla presenza di Lakhdar Brahimi. L’Iran ha invece smentito la notizia precedentemente diffusa dal capo dei guardiani della rivoluzione secondo cui Pasdaran sarebbero presenti in Siria a combattere accanto al regime di Assad. Sul terreno nel frattempo la battaglia di Aleppo va avanti e la giornata di ieri si è conclusa con diverse decine di morti mentre i bombardamenti dell’aviazione sono arrivati fino al confine nord con il Libano.

E continua a far discutere il rapporto sulla Siria stilato da una commissione d’inchiesta Onu, dal quale emerge che sia i ribelli che i lealisti di Assad hanno commesso nel Paese crimini di guerra e pesanti violazioni dei diritti umani. Benedetta Capelli ha chiesto un commento ad Alberto Ventura, docente di Storia dei Paesi islamici all’Università della Calabria: RealAudioMP3
R. – In Siria c’è, in effetti, una guerra civile e quindi le violazioni dei diritti umani sono, tutto sommato, all’ordine del giorno. Per di più, in alcuni casi, soprattutto le forze lealiste sembra si siano macchiate di episodi di particolare brutalità nei confronti della popolazione civile. Tutto questo, nell’indifferenza sostanziale un po’ di tutto il mondo che altrove – magari – è intervenuto con prontezza e in questo caso invece lascia agonizzare la Siria con la scusa che si tratta di affari interni a quello Stato. Kofi Annan, già mediatore Onu e Lega Araba, aveva detto una cosa che credo sia poi, tutto sommato, quella che emerge anche dal Rapporto e che indicherebbe l’unica via possibile, anche se difficilmente praticabile, per uscire dal conflitto: “Se non vogliamo che la situazione in Siria finisca solo perché una parte prevale sull’altra dal punto di vista militare, dovremmo provvedere ad una serie di interventi che vedano impegnate tutte le forze in campo”. Quindi non solo i ribelli, non solo gli interessi internazionali, ma anche le stesse forze lealiste, quelle che appoggiano l’establishment governativo. Tutti dovrebbero fare un passo indietro e forse, a quel punto, si potrebbero ricucire le cose …

D. – Nel rapporto delle Nazioni Unite si denuncia anche la presenza di elementi stranieri, tra cui militanti jihadisti. I pasdaran, le Guardie della Rivoluzione iraniana, avevano parlato di una presenza sul territorio siriano, sia pur non militare …

R. – Anche questa era una cosa ben nota. Ancora oggi, anche dopo il Rapporto, non possiamo valutarne l’esatta consistenza. Il controllo è difficile, è molto difficile. La situazione internazionale – come abbiamo detto – è complessa, la comunità internazionale non riesce a trovare un accordo forte e la stessa Turchia, Paese confinante che ha interessi nell’area, ha per ora un atteggiamento un po’ contraddittorio: talvolta, come abbiamo visto, si è un po’ inquietata per alcune azioni del governo siriano, però – almeno al momento – non intende fare interventi in proprio senza l’ombrello di qualche politico internazionale, delle Nazioni Unite o di altre organizzazioni come la Nato.

D. – E ci sono poi sempre le dichiarazioni dei pasdaran riguardanti invece un intervento militare nel caso in cui la Siria venga “invasa” da forze esterne: lei come legge queste parole?

R. – Più che altro, come una minaccia che voglia fare da deterrente a possibili interventi di forze straniere, di Stati … Non dimentichiamo che c’è un forte conflitto, in questo momento, per l’egemonia nell’area calda del Medio Oriente. Un conflitto più diplomatico che militare, in questo momento almeno, che vede protagonisti due Stati non arabi: la Turchia da una parte e l’Iran dall’altra. Le relazioni tra i due Paesi sono sempre state problematiche, anche se talvolta ci sono stati riavvicinamenti su alcune questioni … Però è chiaro che si tratta di due Paesi che aspirano ad un ruolo di potenza regionale, una cosa che gli arabi stessi non riescono più a pretendere: la Lega araba ha fallito completamente, le divisioni interne ai Paesi arabi sono sotto gli occhi di tutti … Quindi, diciamo che questi conflitti, dalle Primavere arabe in poi, stanno dimostrando in un certo senso l’uscita degli arabi dal ruolo di protagonisti nella loro stessa area di influenza, e invece i tentativi di ingresso, come potenze regionali che possano dettare il futuro di quell’area, da parte di Paesi che non sono arabi e che sono, in questo momento, in lotta. I pasdaran, secondo me – che hanno un chiaro riferimento, naturalmente, in Iran – con queste minacce vogliono semplicemente dire che ci sarebbero anche loro, nel caso in cui qualche altro Paese, come la Turchia – ad esempio – volesse intervenire in Siria.







All the contents on this site are copyrighted ©.