Collegio Romano: tra le tele di pittori famosi, le opere di artisti migranti africani
Giovedì 6 settembre si è aperta a Roma, nella splendida cornice della seicentesca
Biblioteca della Crociera, nel Collegio Romano, una mostra davvero singolare. Accanto
a quadri di alcuni dei maggiori artisti italiani contemporanei come Nanni Balestrini,
Gianfranco Baruchello, Mirella Bentivoglio, Piero Dorazio, Toti Scialoja, tra libri
e trattati secolari dal valore inestimabile, sono esposti - fino all’8 ottobre - teli
realizzati da Refugee Scart, un gruppo di artisti/artigiani provenienti dall’Africa
Sub-Sahariana che ricicla tonnellate di plastica trasformandola in objets d’art. I
rifugiati, simbolo estremo di migrazione, ma anche allegoria dello scarto delle società,
dal rifiuto peggiore dell’uomo perché non riutilizzabile - la plastica - creano arte
entrando con le proprie opere in uno spazio storico, cuore delle stratificazione della
cultura d'occidente. Al microfono di Luca Attanasio, Seckou Camara,
uno degli artisti di Refugee Scart, rifugiato guineano:
R. – Vengo dalla
Guinea Conakry e sono in Italia da un anno e due mesi, per problemi politici. Ho lasciato
mia moglie, due sorelle e quattro figli in Senegal.
D. – Quando è arrivato
in Italia ha incontrato l’esperienza di Refugee Scart...
R. – Nel mio Paese
ero artigiano e quindi quando ho incontrato Marika Arese, l’iniziatrice di questo
progetto, ho pensato di poter fare qualcosa con lei. E adesso con Refugee Scart sono
riuscito a guadagnare un po’ di soldi per sostenere la mia famiglia. E’ un gran piacere
lavorare con altri africani e con altre persone di questo Paese, che sono nostri amici
e che ci aiutano in questo progetto. Per me è una cosa nobile che le famiglie aiutino
i rifugiati e che noi si possa fare oggetti d’arte, lavorando per guadagnare soldi
e contribuendo a questa società.
D. – S’inaugura una mostra, che vede i vostri
teli accanto a quadri dei maggiori artisti italiani contemporanei...
R. – E’
un gran piacere; essere qui oggi è una consacrazione per noi rifugiati. Avere l’immondizia,
che noi trasformiamo, vicino a questi libri, mi sembra fantastico.