Il Papa incontra la comunità armena del Libano, "duramente provata lungo i secoli"
Benedetto XVI, a pranzo nel Patriarcato armeno cattolico di Bzommar, ha rivolto parole
di gratitudine al patriarca Nerses Bedros, rievocando la figura del fondatore di questa
Chiesa, il monaco Hagop, soprannominato Méghabarde - il pescatore – “esempio di preghiera,
di distacco dai beni materiali e di fedeltà a Cristo”. Hagop 500 anni fa – ha ricordato
il Papa - promosse “la pubblicazione del Libro del Venerdì stabilendo un ponte tra
l’Oriente e l’Occidente cristiani”. “Alla sua scuola, – ha sottolineato il Santo Padre
– noi possiamo apprendere il significato della missione, il coraggio della verità
ed il valore della fraternità”. Benedetto XVI ha quindi impartito una speciale benedizione
alla comunità armena “duramente provata lungo i secoli”, invocando il Signore “d’inviare
alla sua messe operai numerosi e santi che siano capaci di cambiare il volto della
nostra società, di guarire i cuori feriti e di ridare coraggio, forza e speranza ai
disperati”.
Alessandro Gisotti ha chiesto al patriarcaNerses
Bedros quali frutti si aspetti da questa visita del Papa:
R. - Ci si aspetta
che dia un nuovo slancio alla coesistenza tre le diverse fazioni religiose e politiche
del popolo libanese e alla pace nei Paesi del Medio Oriente dopo la sanguinosa e non
ancora terminata Primavera araba. Si spera che il dialogo interreligioso, sia più
intenso per una maggiore comprensione tra i seguaci delle diverse credenze. Si parla
molto della necessità dell’instaurazione della pace nella regione mediorientale e
del consolidamento della presenza cristiana che va diminuendo anche a causa dell’immigrazione,
per la mancanza di sicurezza, e per un avvenire non chiaro. In questo ambiente i cristiani
sono chiamati ad essere messaggeri di pace, di fraternità tra i loro compatrioti.
D. - Quali sono oggi le principali sfide per i cristiani del Libano e come
potrà aiutarli questa visita del Papa? Quale contributo potrà dare?
R. - Tra
le sfide più importanti si deve citare prima di tutto la mancanza di una visione chiara
del momento e dell’avvenire. Non è neppure facile trovare oggi un lavoro sufficiente
per una vita modesta. Perciò la corruzione e la criminalità si vanno diffondendo ogni
giorno di più. E la presenza degli sfollati siriani rende più acuti questi fatti.
La democrazia, invocata dalle voci dei politici antagonisti, mostra che il suo senso
e la sua applicazione è solo uno slogan e non ancora una realtà. Le necessità esistenziali
primarie diventano ogni giorno più costose. Molti benestanti hanno una doppia nazionalità
e viaggiano senza problemi, ma la gente semplice è messa da parte; le associazioni
di beneficienza trovano difficile provvedere al bisogno di cibo che in tanti hanno,
ma soprattutto alle cure per i bisognosi che aumentano continuamente. Le richieste
agli organismi internazionali per gli aiuti non cessano di aumentare. La migrazione
dei cristiani è un disastro, non solo perché si lascia il Paese dei padri, ma soprattutto
per la testimonianza cristiana che sta venendo meno. Si parla di un milione di immigrati
tra il 1975 e il 1991, durante la guerra civile in Libano, di cui la maggior parte
erano cristiani. Si spera che la visita del Papa metta più fiducia nel cuore di tutti,
ma soprattutto, che muova il cuore e la mente di quelli che tengono le chiavi della
vita politica ed economica del Paese. Si può dire che la visita del Papa è accolta
da tutti con gioia, al di fuori di qualche estremista islamico.