2012-09-14 15:18:44

Mons. Gino Battaglia: il relativismo non è un antidoto per il fondamentalismo


La questione del film anti-islam e delle violenze scaturite è questione complessa da affrontare sotto diversi profili, da quello culturale a quello di ordine pubblico. In ogni caso, il dibattito sulle religioni e sulla libertà religiosa si fa sempre più importante nel mondo. Di questo dibattito e della necessità di buone leggi sulla libertà religiosa Fausta Speranza ha parlato con mons. Gino Battaglia, direttore dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale italiana:RealAudioMP3

R. – Innanzitutto ricordiamo che uno dei fondamentali diritti della persona umana è quello della libertà religiosa, che è il banco di prova di ogni governo che voglia dirsi rispettoso dei diritti, appunto. Questo diritto si fonda sulla dignità della persona umana. Anche la dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae diceva, appunto, che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da parte di singoli o di qualsiasi potere umano, cosicché in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito di agire in conformità con la sua coscienza. Chiarito questo, va detto che una legge che regoli il campo della libertà religiosa ha un significato non solo per la società o per le società come le conosciamo oggi, ma anche per quelle future, sempre più pluraliste. Può, infatti, contribuire a stemperare tensioni, a prevenire conflitti che oggi possiamo solo immaginare. Già facciamo questo nostro discorso in un contesto sociale, culturale e religioso cambiato: molti Paesi occidentali – come il nostro, per esempio – si sono trasformati in luoghi di incontro e di coabitazione fra genti diverse. Ma c’è da considerare che già era una realtà per molti Paesi del resto del mondo. Occorre allora che ovunque, e soprattutto dove c’è intolleranza, sia garantita questa libertà nei termini in cui dicevo prima. E questo non è scontato come quasi quotidianamente purtroppo vediamo. Ma non è scontato neanche in Occidente! Le differenze sono sempre esistite, ma ciò che è nuova è forse la prossimità delle differenze, la loro convivenza cioè obbligata. Si tratta allora di trasformare una vicinanza casuale - frutto delle dinamiche storiche, sociali, per esempio dell’immigrazione - in una vera coabitazione. In Italia, ad esempio, una legge in materia di libertà di religione colmerebbe una lacuna legislativa: la legislazione attuale risale al 1929 e quindi in tutt’altra epoca. Non c’è altro strumento per regolare i rapporti fra lo Stato e una comunità religiosa che l’intesa. Il futuro che si deve costruire deve rendere possibile la convivenza tra le diverse fedi.

D. – Altrimenti c’è una banalizzazione delle tematiche?

R. – Certamente.

D. – Mons. Battaglia, è indubbio che libertà religiosa e religioni stiano finendo sempre più sotto i riflettori di analisti e difensori dei diritti umani. Ma ci possono essere delle modalità non precisamente corrette di impostare l’analisi? Parlare soltanto di tolleranza, per esempio, può essere molto riduttivo, così come parlare di questione meramente personale ….

R. – La legge sulla libertà religiosa in un Paese europeo, per esempio, non può essere uno strumento per la laicizzazione della società. Non è il relativismo - e con relativismo intendiamo il concetto che tutti le fedi si equivalgono – che può essere base del dialogo e della coabitazione e non può nemmeno essere il criterio ispiratore di una eventuale legislazione. Faccio l’esempio dell’Italia ma credo che valga anche oltre i nostri confini: più cresce il pluralismo, più si pone l’esigenza del dialogo e proprio per questo dobbiamo essere più radicati nelle diverse identità, altrimenti i rischi – opposti e simmetrici – sono fondamentalismo e relativismo. Il relativismo, infatti, non è un antidoto contro le pretese di assolutezza, cioè contro il fondamentalismo. Se l’affermazione della verità non può mai pregiudicare la libertà, è vero anche che la libertà non può abrogare la verità: la libertà è sempre libertà per qualcosa, per una verità appunto. Dico queste cose per evidenziare che le comunità religiose hanno caratteristiche proprie, hanno un profilo specifico del quale va tenuto conto: per le implicazioni storiche, culturali e anche spirituali. Queste comunità non sono mere realtà associative, come talvolta c’è la tentazione di fare progettando un’eventuale legislazione in materia di pluralismo religioso. Una legge sulla libertà religiosa, allora, non può semplicemente livellare, magari al minimo, queste diverse comunità. Esse sono, al contrario, con le loro identità fra gli artefici della coabitazione di domani.







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