Benedetto XVI a colloquio con i giornalisti: il fondamentalismo è una falsificazione
della religione
In volo venerdì verso il Libano per il suo 24.mo viaggio apostolico internazionale,
il Papa si è intrattenuto con i giornalisti al seguito, per la consueta conferenza
stampa. Una conversazione che ha spaziato su temi forti, dal dialogo con l’Islam,
alla primavera araba, ai timori per la situazione dei cristiani in Siria e nell’area
mediorientale, al sostegno che a loro può venire dalle Chiese e dai cattolici dell’Occidente.
Il servizio di Gabriella Ceraso:
''Nessuno mi
ha mai consigliato di rinunciare a questo viaggio e io non ho mai contemplato questa
ipotesi, perché so che quando la situazione si fa più complicata è ancora più necessario
offrire un segno di fraternità, di incoraggiamento e di solidarietà”. Così, Benedetto
XVI ha riassunto - rispondendo alle domande dei giornalisti in francese e in italiano
- i sentimenti con cui affronta questo viaggio apostolico in Libano - il cui obiettivo,
ha aggiunto, in un Paese che già rappresenta un messaggio di incontro interreligioso,
è, dunque “invitare al dialogo, alla pace contro la violenza, procedere insieme per
trovare la soluzione dei problemi”.
Rispondendo ad una domanda sull’imperativo
del dialogo con l’Islam, oggi in un momento di crescita degli estremismi, il Papa
non ha mancato di sottolineare che “il fondamentalismo è sempre una falsificazione
della religione” che, invece, invita a diffondere la pace di Dio. Dunque, “l’impegno
della Chiesa e delle religioni”, ha osservato, “è quello di compiere una purificazione
da queste tentazioni, illuminare le coscienze e fare in modo che ognuno abbia un’immagine
chiara di Dio”. Quindi l’invito forte al rispetto reciproco in quanto ciascuno è “immagine
di Dio”.
Altrettanto incisivo da parte del Papa il richiamo alla tolleranza,
senza la quale, ha detto, non c’è vera libertà. A proposito della primavera araba
e del rischio sopravvivenza dei cristiani, minoranza in quelle aree, Benedetto XVI
ha voluto sottolineare infatti che un desiderio di maggiore democrazia, libertà, cooperazione,
è di per sé positivo, è un “progresso”, ma può crescere solo nella condivisione, nel
vivere insieme con determinate regole. Dobbiamo fare tutto il possibile, sono state
le sue parole, perché “il concetto di libertà, il desiderio di libertà vada nella
giusta direzione e non dimentichi la tolleranza, la riconciliazione, elementi fondamentali
della libertà stessa”.
Riguardo poi alla situazione in Siria, il Papa ha sottolineato
che occorre promuovere tutti i gesti possibili, anche materiali, per favorire la fine
della guerra e della violenza. E’ “grande” il pericolo che i cristiani si allontanino
da queste terre, ha osservato il Papa, anche se, ha aggiunto, fuggono anche musulmani.
“Aiuto essenziale sarebbe dunque la fine delle violenze”. Ruolo della Chiesa è, lo
ha ripetuto più volte il Papa, la diffusione del messaggio della pace, l’impegno a
chiarire che la violenza non risolve i problemi, e importante in questo senso è anche
il compito dei giornalisti. Quindi l’appello: “invece di importare le armi, che è
un peccato grave, dovremmo importare le idee, la pace, la creatività, accettare gli
altri nelle diversità, rendere visibile il rispetto reciproco delle religioni, il
rispetto dell’uomo come creatura di Dio, l’amore del prossimo come elemento fondamentale
per tutte le religioni”.
Sollecitato da una domanda sui passi concreti dell’Occidente
a sostegno dei fratelli mediorientali, il Papa ha affermato che tutti devono contribuire.
”Occorre” ha specificato “influire sull’opinione pubblica”,“invitare i politici a
impegnarsi realmente, con tutte le forze e con tutte le possibilità per la pace”.
“Gesti visibili di solidarietà, giorni di preghiera pubblica, possono avere effetti
reali”. In un certo senso, “il nostro, ha concluso il Pontefice, “ è un lavoro di
ammonizione, di educazione, di purificazione molto necessario.