2012-09-11 14:32:18

Siria, continuano i combattimenti. Il giurista Conforti: in questi casi il diritto internazionale fallisce


Continuano i combattimenti in Siria: almeno 18 le persone uccise nelle ultime ore, in maggioranza nella regione di Aleppo, mentre si registra un nuovo picco nel numero dei rifugiati. Secondo le Nazioni Unite sono ormai oltre 250 mila i siriani che hanno lasciato il Paese. E dall’Onu è arrivato ieri un nuovo appello di Ban Ki-Moon: il segretario generale si è detto “profondamente preoccupato dal degrado della situazione umanitaria” ed ha detto 'no' all’impunità per i responsabili di crimini di guerra di entrambe le parti. Ma quanto è praticabile un'azione giuridica mentre le ostilità sono in corso? Davide Maggiore lo ha chiesto a Benedetto Conforti, professore emerito di Diritto internazionale dell’Università “Federico II” di Napoli:RealAudioMP3

R. – Non vedo come per il momento si possa portare davanti alla Corte penale internazionale i capi sia da una parte che dall'altra. Si è fatto anche per Gheddafi durante la guerra civile ma sono dichiarazioni che dal punto di vista giuridico hanno poco senso, ne hanno molto dal punto di vista morale.

D. – Queste parole degli alti responsabili dell’Onu non rischiano a questo punto di avere solo un valore esortativo e nessun effetto pratico?

R. - Giuridicamente lasciano purtroppo il tempo che trovano… Un intervento militare, quello è il problema. Però l’intervento militare giuridicamente può essere svolto soltanto su decisione del Consiglio di Sicurezza, che per i veti della Russia e della Cina non riesce in questo caso a decidere. Ci sono Stati come la Francia che dicono: allora interveniamo noi. Questo giuridicamente non è possibile. C’è nella dottrina più che nella prassi la tesi che si possa intervenire per proteggere le popolazioni civili, però non si è mai affermata. Si può solo dire che il diritto internazionale in questo settore fallisce e possono entrare in gioco solo valutazioni etiche.

D. - D’altra parte, abbiamo accennato al caso di Gheddafi, contro il quale il Tribunale penale internazionale ha emesso un mandato durante le ostilità in Libia: ma si disse che una mossa del genere aveva reso più dura la posizione del regime libico. Nel caso accadesse per la Siria, ci sarebbe anche per quella situazione questo rischio?

R. - C’è questo rischio e in più finché uno di questi ‘signori’ sta nel suo Paese e ancora ha una forza militare che lo sostiene, chi lo va a prendere? La Corte penale internazionale l’ha fatto anche per il Sudan ma purtroppo è molto imbrigliata, perché una persona incriminata si deve trovare in un Paese in cui può essere prelevato. Ma finora la Corte penale internazionale purtroppo non riesce a incidere seriamente.

D. – Realisticamente parlando, quanto è probabile una soluzione diplomatica per quanto riguarda la questione siriana? La Russia ha chiesto una conferenza sul modello di quella che risolse il conflitto civile libanese…

R. – Questa è una valutazione politica più che giuridica, ma ho l’impressione che per ora prospettive serie non ce ne siano, però sarebbe altamente auspicabile.







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