Kazakhstan: Lettera dei vescovi per l'inaugurazione della cattedrale di Karaganda
"Un aspetto degno, un epitaffio e luogo di espiazione in onore delle vittime" della
persecuzione comunista, un simbolo di evangelizzazione: è la nuova cattedrale di Karaganda,
in Kazakhstan - inaugurata domenica scorsa - nelle parole di una lettera pastorale
dell'episcopato del Paese. L'avvenimento è stato ricordato da Benedetto XVI che, all'Angelus,
ha inviato il suo "cordiale saluto ai cattolici e a tutti i cittadini del Kazakhstan".
A rappresentare il Papa, come suo legato, il cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio
cardinalizio, che ha presieduto la dedicazione della cattedrale, dedicata alla Madonna
di Fatima, "Maria, Madre di tutti i Popoli". La cattedrale - riferisce l'agenzia AsiaNews
- sorge al centro di quello che era chiamato il "Karlag", parola composta da "Karaganda"
e "lager". I campi di concentramento della regione di Karaganda, durante l'epoca staliniana
coprivano un'area grande all'incirca come la Francia e "ospitavano" le vittime della
persecuzione politica e religiosa: fra i deportati, migliaia di cattolici di nazionalità
polacca, ucraina, tedesca, lituana e bielorussa. Tra loro, anche sacerdoti, che hanno
dato vita a una prima Chiesa clandestina. Ma solo il 19 marzo 1977 la Chiesa cattolica
ricevette per la prima volta il permesso di celebrare una messa pubblica: si tenne
in una baracca. Ed è stato necessario attendere il 29 giugno del 1980 per vedere un
vescovo cattolico celebrare pubblicamente una messa sul suolo del Kazakhstan: era
mons. Alexander Khira. Prima di lui, l'aveva fatto un uomo chiamato monsignor Richard
di Burgundy, morto martire intorno al 1340. "Prendendo in considerazione l'innumerevole
numero di prigionieri che sono passati nei campi di lavoro forzato del Karlag - scrivono
ancora i vescovi - è giusto dire che la terra del Kazakhstan in nessun altro luogo
è stata così profondamente irrorata dal sangue e dal pianto di vittime innocenti della
repressione comunista". (R.P.)