Attesa per la sentenza della Corte Costituzional tedesca sullo scudo anti-spread.
Il punto dell'economista Campiglio
C’è attesa in Europa per la decisione della Corte Costituzionale della Germania, che
si esprime oggi sulla compatibilità del fondo salva-stati e delle altre norme anti-spread
con la legge fondamentale tedesca. Intanto in Grecia la troika formata da Unione Europea,
Bce e Fondo Monetario Internazionale continuano i colloqui con il governo Samaras:
chiesti ad Atene licenziamenti nel settore pubblico e nuovi tagli alle spese. Sull’importanza
di questa sentenza e sul futuro dell’Eurozona, Michele Raviart ha intervistato
Luigi Campiglio, docente di Politica Economica all’Università Cattolica di
Milano:
R. - La decisione
è molto importante perché potrebbe frenare, se non addirittura bloccare, il meccanismo
che stato messo a punto per contenere lo spread. Questo meccanismo funziona attraverso
l’acquisto illimitato di Titoli di Stato, ma il ruolo centrale di tutta questa strategia
è, e sarà svolto, dallo “European stability mechanism” che -di fatto- sarebbe un braccio
operativo della Banca Centrale Europea.
D. - Per la Merkel, quanto è importante
l’approvazione di questo provvedimento?
R. - Penso che la Corte costituzionale
tedesca darà il via libera, ma se così non fosse, l’impatto sui mercati che è stato
così positivo - dal momento in cui Draghi ha detto che l’Euro è irrevocabile - verrebbe
messo di nuovo un po’ in discussione. La Merkel ha sostenuto questo punto di vista,
e quindi darebbe un problema serio anche a lei. Sta venendo fuori anche qualche nervosismo
sui mercati in attesa di questa sentenza.
D. - Con il via libera della Germania
allo Scudo anti-spread, come cambierebbe il ruolo della Bce?
R. - La Banca
Centrale Europea avrebbe un ruolo certamente più robusto all’interno dell’Europa.
Assomiglierebbe alla Federal reserve americana un pochino di più, ma non possiamo
dimenticare che anche la Fed con tutto il suo enorme armamentario di politica monetaria,
ha bloccato gli Stati Uniti dal precipitare nel baratro, ma non ha consentito di produrre
piena occupazione. Occorre anche una politica fiscale.
D. - In questi giorni
la Troika sta incontrando il governo greco. Si chiedono ancora tagli al settore pubblico.
Quali dovrebbero essere le priorità in Grecia?
R. - La Grecia, purtroppo non
diversamente dall’Italia, ha un enorme problema che è l’evasione fiscale. Si teorizza
e si dice da parte di molti, che l’uscita di un Paese così piccolo come la Grecia,
è - come dire - un evento gestibile. Io temo che questo sia un calcolo veramente molto
rischioso. Dobbiamo stare attenti; in Italia parliamo di rischio di populismo e quant’altro,
ma non va dimenticato. che in Grecia stanno emergendo delle forze politiche, xenofobe
anche molto violente. E questo, è davvero l’effetto di una austerità cieca. L’austerità
va bene se si tratta di razionalizzare e di rendere più efficiente.
D. - L’attenzione
dei media sui prima Paesi colpiti dalla crisi è un po’ calata. Qual è la situazione
in Irlanda e in Portogallo?
R. - L’Irlanda ha - come dicono gli americani -
un’energia e una capacità di recupero incoraggiante; la crescita è ripresa dopo il
2009. Il Portogallo, purtroppo, non è in una situazione altrettanto incoraggiante
per ora. Va anche detto che il Paese ha una realtà economica non così pesante da non
poter essere gestita da una politica della Banca centrale europea. Un fatto veramente
preoccupante di questi tempi, è il divario che si è creato nell’arco degli ultimi
sei mesi, per i tassi sui prestiti alle famiglie e alla piccole e medie imprese fra
Spagna, Italia ed anche Portogallo, che hanno visto crescere questi tassi mentre,
Germania Francia che invece li hanno visiti diminuire. Ora è evidente che questa situazione
non è sostenibile.