Siria. Mons. Tomasi: cambiamenti politici necessari, ma senza la violenza
Ennesima giornata di violenze in Siria, dove l’opposizione parla di “decine di morti
e feriti” provocati dai nuovi bombardamenti sui quartieri di Aleppo controllati dai
ribelli. La Tv di Stato dà notizia invece di un attentato contro bus nei pressi di
Homs, nel quale hanno perso la vita almeno 4 persone. Intanto il segretario di Stato
Usa, Hillary Clinton, conferma le forti distanze con Mosca sulla crisi siriana. E
il conflitto in Siria con le sue emergenze umanitarie sarà al centro della 21.ma Sessione
del Consiglio dei diritti umani che inizia domani a Ginevra, in Svizzera. Partecipa
anche l’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu della città elvetica,
mons. Silvano Maria Tomasi. Sergio Centofanti lo ha intervistato:
R. - Si vedono
solo macerie in tante zone del Paese. Primo punto, che si è obbligati a notare, è
l’enorme quantità di sfollati. Si parla di un milione di sfollati, tra interni ed
esterni: 230 mila tra Turchia, Giordania, soprattutto, Libano e Paesi vicini alla
Siria. Poi, il problema per la comunità internazionale è di trovare le risorse per
un aiuto umanitario a queste persone. L’ammontare degli aiuti – si parla di milioni
di dollari - richiesto per rispondere in maniera minima a queste esigenze continua
a salire e con la crisi economica si vede la fatica da parte della comunità internazionale
di mostrare la sua solidarietà. Il problema di fondo, però, è di far cessare la violenza,
perché la violenza non porta a nessun risultato positivo. Anche i cambiamenti sociali,
che sono necessari, i cambiamenti politici, dovranno in qualche modo essere negoziati
con l’aiuto e il sostegno della comunità internazionale, dove per ora ancora manca
una convergenza di vedute e di sforzi.
D. – Cosa può fare la comunità internazionale?
R.
- Quello che rimane da fare è aumentare la buona volontà di tutti, perché la violenza
cessi e perché le forze esterne alla popolazione della Siria non siano un elemento
di destabilizzazione, ma piuttosto diano l’occasione a quanti le appoggiano di sedersi
attorno ad un tavolo, per negoziare una via d’uscita ed evitare tutte queste vittime,
spesso bambini. La tensione che persiste in Siria avvelena poi tutto il clima di relazioni
in Medio Oriente e questo incoraggia espressioni d’intolleranza che portano a conseguenze
veramente disastrose. Abbiamo visto che è stata bruciata la porta del Monastero trappista
di Latrun, in Israele, con slogan contro Cristo e contro i cristiani. E’ un caso tra
altri, che però mostra come la percezione di queste violenze, di questo clima d’intolleranza,
faciliti – primo - la percezione che tutto quello che riguarda l’Occidente s’identifichi
con i cristiani e soprattutto con la Chiesa cattolica, cosa assolutamente non vera
e che non corrisponde alla realtà, e – secondo - che aumentare la pressione o, addirittura,
la persecuzione contro i cristiani, sia una risposta quasi normale in queste circostanze.
Alla fine, dunque, le vittime sono le minoranze religiose: i cristiani, ma anche altri.