2012-09-09 09:41:12

Primo happening nazionale degli oratori italiani: sono 6.500 su tutto il territorio


Si è concluso domenica mattina, con la celebrazione eucaristica nella Cattedrale di Brescia, il primo happening nazionale degli oratori d’Italia. Un’occasione unica per tanti di loro nel quale incontrarsi, conoscersi, scambiarsi esperienze e riflettere sul proprio valore e sulle prospettive di crescita. Ad organizzare l’evento il Foi, Forum Oratori italiani. Ma come e perché si è arrivati a questo appuntamento che ha visto anche interventi di docenti di psicologia, pedagogia, scienze sociali, ma si è voluto chiamare H1O, nome che richiama la formula dell’acqua, per evocare l’essenziale e cioè Gesù, acqua viva? Adriana Masotti lo ha chiesto a don Marco Mori, presidente del Forum:RealAudioMP3

R. – L’oratorio è un grande dono della nostra Chiesa italiana. Sono 6.500 su tutto il territorio nazionale e fanno tantissime cose. Hanno però un piccolo difetto: a volte non si parlano tanto tra di loro. Abbiamo voluto quindi istituire un happening in cui gli oratori si potessero incontrare, stimare reciprocamente, per pensare insieme, pregare insieme, fare festa, per maturare proprio questa consapevolezza di un cammino comunitario di tutta la Chiesa italiana.

D. – Tra le tante cose che saranno emerse, vuol sottolinearne una?

R. – Io penso che gli oratori abbiano espresso veramente la coscienza in questo momento di essere una grande risorsa per la nostra Chiesa e anche per il nostro Paese. E’ molto bello, in questa fase in cui i legami più comunitari o più educativi faticano, in alcune realtà. L’altra cosa che abbiamo curato, in modo particolare, è la riflessione su quali siano le prospettive vere su cui muoverci nel nostro futuro, per aiutare i ragazzi a vivere ancora di più l’oratorio. C’è la convinzione che l’oratorio non possa morire, ma è anche vero che oggi, se non interveniamo correttamente da un punto di vista ecclesiale ed educativo, c’è il rischio che si entri in una vera crisi degli oratori.

D. – Eppure, a leggere i dati, sembra che gli oratori stiano conoscendo una nuova fioritura, con il coinvolgimento di un numero crescente di ragazzi. Come stanno le cose? E se è vero che crescono, dove crescono di più?

R. – E’ vero che numericamente gli oratori oggi sono in crescita. L’attività degli oratori in Italia, ad esempio d’estate, coinvolge ormai un milione e mezzo di bambini e 200 mila animatori, però non bastano i numeri, perché un oratorio può essere pieno, ma se non riesce ad accogliere ogni ragazzo, in realtà è vuoto. La tradizione dei nostri oratori ci dice che accanto ai numeri vanno considerate le singole persone, i processi educativi, perché questo è fondamentale. Gli oratori sono un fenomeno ormai sparso su tutto il nostro territorio nazionale. Questo è interessante, perché fino a qualche anno fa accadeva solo nel Nord Italia. Ci sono tante regioni, soprattutto del Sud, che hanno voglia di investire sul tema dell’oratorio, e possono investire, ma hanno anche qualcosa da regalare alle tradizioni più antiche.

D. – Quali sono le caratteristiche dell’oratorio di oggi, le differenze rispetto al passato?

R. – Ci sono delle caratteristiche che rimangono immutate nella storia degli oratori. Io penso che fondamentalmente siano tre: la voglia di educare di una comunità, che si manifesta concretamente in un luogo concreto, in un investimento educativo, nell’attività che fa fare ai ragazzi; secondo, l’idea che noi facciamo crescere il mondo dei ragazzi, puntando su tutta la persona, aiutandola a crescere nella spiritualità e nella corporeità, nella socialità e nella dimensione interiore. Terzo, i ragazzi non sono dei soggetti passivi, in questa crescita, ma sono loro stessi protagonisti.

D. – Sono cambiate forse anche le attività, non c’è solo il pallone...

R. – Certo. La fantasia degli oratori in Italia è incredibile. Io ho trovato oratori che insegnano a costruire persino i circuiti elettrici, per dire che le attività che un oratorio può fare sono veramente tantissime. Infatti, non è l’attività in quanto tale, ad essere importante, ma è il come io la faccio vivere educativamente al ragazzo. Gli oratori tradizionalmente ospitano tante cose - dallo sport, al bar, ai gruppi informali, al teatro, al cinema – ma è anche chiaro che per la formula che hanno riescono ad integrare dentro alla loro proposta le novità che ci sono e che i ragazzi vivono: la virtualità, Facebook, Internet... Non è un rincorrere semplicemente la modernità, ma è la capacità dell’oratorio di usare gli stessi mezzi dei ragazzi, per essere in qualche modo incisivi educatori lì dentro.

D. – Che cosa ci vuole perché possa funzionare bene un oratorio? Ho l’impressione che ci voglia anche molta formazione da parte di chi deve organizzarlo?

R. – La comunità è il grembo in cui nasce un oratorio. La comunità vuol dire veramente le persone della comunità, gli adulti. Questo implica che ci debbano essere delle competenze, sicuramente, ma che ci debba essere il cuore di tante persone che buttano l’anima nell’oratorio. Questo fa crescere un oratorio. E penso che da questo punto di vista l’oratorio sia veramente un piccolo miracolo, ma anche il segno di una vitalità reale di una comunità.



Ultimo aggiornamento: 11 settembre







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