Si apre a Sarajevo l’Incontro Mondiale per la Pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio
Con una Messa la mattina, e l’assemblea inaugurale il pomeriggio, si apre domani a
Sarajevo, in Bosnia ed Erzegovina, l’Incontro Mondiale per la Pace “Living Together
is the Future. Religioni e Culture in Dialogo”, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio.
A venti anni dalla guerra, il dialogo tra le principali fedi del mondo si ritrova
in uno dei luoghi più colpiti. Tra gli ospiti, il premier italiano Mario Monti, il
presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy, il premier della Costa d’Avorio
e numerose personalità internazionali, dal Patriarca di Mosca Kirill al Patriarca
serbo Irinej, da rappresentanti del Rabbinato di Israele, a esponenti di rilievo del
mondo islamico. Il servizio della nostra inviata a Sarajevo, Francesca Sabatinelli:
Fu da Monaco
di Baviera, nel 2011, che si annunciò la volontà di ritrovarsi a Sarajevo, città che
da simbolo di tolleranza e convivenza, è divenuta testimone di atrocità e dell’assedio
più lungo della storia moderna. Venti anni fa iniziava la guerra in Bosnia ed Erzegovina,
e saltava definitivamente la concordia che aveva unito le comunità della regione,
quella serba, quella croata e quella musulmana. L’accordo di Dayton fermò il massacro:
100mila morti in totale, 12 mila solo a Sarajevo, assediata per quasi quattro anni.
Oggi Sant’Egidio porta qui il messaggio nato nel 1986 dall’incontro delle religioni
ad Assisi e cioè che “il dialogo interreligioso e culturale è la scelta strategica
per giungere alla pace”. Mario Marazziti, portavoce della Comunità:
“C’è
bisogno in quel punto, che è una grande ferita dell’Europa, di re-imparare l’arte
del vivere insieme, proprio in uno dei punti che era il crocevia della convivenza
e un simbolo del vivere insieme e che forse è il punto dove più si avverte il dolore
e la fatica di farlo”.
La Sarajevo di oggi è una città dove le divisioni
si vivono ancora, probabilmente più nelle istituzioni che tra le persone. Ma le ferite
sono aperte, si parla della progressiva islamizzazione di questa terra e la visione
di un tempo di una Sarajevo che garantiva pari dignità ai suoi abitanti sembra compromessa.
Ancora Marazziti:
“Io penso che questo sia quello che accade in tutti i
luoghi dove c’è la guerra. Il recupero di una memoria, di una memoria comune, è una
delle cose più difficili: ognuno ha una storia vera di torti subiti. C’è sempre la
tendenza e la tentazione di ripartire solo dai torti subiti. Io credo che vada ricostruita
una nuova storia comune, che è la storia di una necessità: che quello che è stato
mio fratello, mio cugino, mio parente sia ora il mio nemico è una condanna per tutta
la vita! Non si può vivere di odio, non si può vivere di paura. Allora io credo che
proprio questo sia il significato immenso dell’incontro mondiale interreligioso di
quest’anno: in un tempo in cui un luogo di convivenza come la Siria, forse l’ultimo
grande luogo di convivenza del Medio Oriente è a rischio, a rischio di implosione
in una guerra e in una sofferenza terribile, proprio da Sarajevo cerchiamo – attraverso
lo spirito di Assisi – di ricostruire le ragioni del vivere insieme”.
Alle
ragioni della guerra ancora presenti, seppur nascoste, si è voluta opporre la collegiale
organizzazione dell’incontro, alla quale hanno preso parte tutte le componenti religiose
in Bosnia. Accanto a Sant’Egidio hanno quindi lavorato, per il primo evento comune
dalla fine della guerra, la Comunità Islamica in Bosnia ed Erzegovina, la Chiesa serba
ortodossa, l’Arcidiocesi di Sarajevo e la Comunità Ebraica di Bosnia ed Erzegovina
che, con i loro ospiti - esponenti delle grandi religioni mondiali, protagonisti della
cultura e della vita pubblica europea e mondiale - daranno vita allo spirito di Assisi,
già rinnovato da Benedetto XVI lo scorso anno, a 25 anni dall’iniziativa nata per
volontà di Giovanni Paolo II:
“Io credo che la scelta di Benedetto XVI di
andare ad Assisi, per un grande omaggio alla scelta di Giovanni Paolo II, ma anche
per rilanciare, nel dialogo con le culture, proprio lo spirito di dialogo tra gli
uomini e le donne di religione, sancisca il fatto che questo è uno dei modi anche
dell’essere cristiani nel XXI secolo, anche dell’incontro tra fedi e culture. Quindi
credo che il messaggio del Papa, che verrà annunciato e letto nella seduta di apertura,
darà il tono e segnerà una via che – io credo – non va ignorata: in questo tempo la
Chiesa cattolica continua ad essere un ponte tra i credenti”.
Tra i presenti
all’incontro oltre al premier italiano Monti e al presidente del Consiglio Europeo
Van Rompuy, numerosi patriarchi, vescovi, cardinali, rappresentanti del Gran Rabbinato
di Israele, e del mondo islamico. 28 le tavole rotonde nelle quali si discuterà di
ecumenismo, di immigrazione, di pace, con il pensiero rivolto alla Siria e non ultimo
all’imminente viaggio di Benedetto XVI in Libano.