Ancora sbarchi sulle coste siciliane. Don Nastasi: l'indifferenza uccide
Proseguono gli sbarchi di migranti sulle coste italiane: nove nel trapanese, una ventina
nell’agrigentino e ancora, più di trenta, a Lampedusa, dove intanto continuano le
ricerche di una cinquantina di dispersi nel naufragio avvenuto tra giovedì e venerdì.
La vicenda resta da chiarire, ma probabilmente oltre 100 migranti tunisini sono stati
abbandonati dagli scafisti presso lo scoglio di Lampione e solo pochi di loro sono
riusciti a nuotare verso Lampedusa. Il bilancio è di 56 sopravvissuti e un cadavere
emerso.“Sull’isola c’è preoccupazione, ma questo non frena la spinta umanitaria della
gente”, racconta il parroco Don Stefano Nastasi, al microfono di Gabriella
Ceraso:
R. - La prima
reazione che ha avuto la gente è stata quella di portare l’aiuto che potevano dare,
così hanno fatto anche pescatori e sommozzatori locali. Questa immagine dà la dimensione
di una comunità che riesce a conservare quel tratto di umanità che nessuno mai le
potrà togliere.
D. - Però lei dice che c’è anche paura. Nell’isola questo è
un momento di grande affollamento turistico…
R. - Più che paura è una preoccupazione,
ma la preoccupazione credo che sia un po’ relativa perché non dovrebbe più accadere
quello che è successo l’anno scorso, cioè un ingolfamento di migranti sia per numero,
sia per vittime. E' pur vero che durante l’estate sono già avvenuti recuperi in modo
ordinario, semplice e regolare. Non mi pare opportuno dare un allarme che poi non
c’è.
D. - Don Stefano, ovviamente, lei può immaginare che le reazioni sono
state tante e si è detto, ancora una volta, che il punto è più pattugliamenti, più
controlli coordinati e poi più politiche che aiutino anche i flussi regolari. Qual
è la cosa più importante da fare e soprattutto cosa è possibile poi effettivamente
farla?
R. - Considerando che i controlli ci sono, se c’è una cosa curiosa e
strana è: come mai di tanto in tanto riesce a sfuggire qualche situazione del genere?
Quello che manca è una politica, o delle politiche, a livello di comunità europea.
Non basta soltanto dare fondi, serve una politica più complessa e condivisa, in modo
da aiutarci a vivere il tempo che si apre avanti a noi in modo più sereno. Non possiamo
sempre improvvisare.
D. - Ieri l’arcivescovo di Agrigento, mons Francesco Montenegro,
ha usato il termine “indifferenza”, che è la cosa che più addolora…
R. - L’indifferenza
è quella dimensione che uccide l’altro e uccide nel tempo anche noi. Lo condivido
perfettamente.