2012-09-06 16:30:07

Sudafrica: firmato un accordo per la miniera di platino, ma continua la protesta


In Sudafrica l’opinione pubblica discute ancora del massacro alla miniera di platino di Marikana, dove il 16 agosto scorso hanno perso la vita 34 lavoratori durante scontri con la polizia: nuove testimonianze apparse sulla stampa hanno lanciato accuse verso alcuni agenti. Intanto, la produzione nella miniera potrebbe riprendere già dai prossimi giorni, dopo che è stato firmato un primo accordo tra sindacati e proprietà. Il sindacato di minoranza che aveva iniziato lo sciopero ha però rifiutato di sottoscrivere il documento. Davide Maggiore ha chiesto un’analisi della situazione a Enrico Casale, esperto di Africa della rivista dei gesuiti “Popoli”:RealAudioMP3

R. – A mio parere la questione è destinata a durare, anche perché non riguarda unicamente le rivendicazioni dei minatori: alle rivendicazioni dei minatori si sono sovrapposte delle questioni di carattere politico, sindacale ed economico internazionale.

D. – Quindi ci saranno delle conseguenze di lunga durata?

R. – Non credo che si esaurirà molto presto, perché nella rivendicazione dei minatori si è manifestata una spaccatura del sindacato tra il vecchio sindacato, il Num, e il nuovo, che è l’Amcu, che non a caso non ha firmato l’accordo: ha sempre tenuto posizioni molto radicali in tutta la vertenza per riuscire a strappare iscritti al Num e di conseguenza tenderà a mantenere una posizione ancora molto dura. Bisognerà vedere ore se riuscirà a strappare un nuovo accordo oppure se salirà la tensione, nella miniera e fuori dalla miniera.

D. – Abbiamo parlato di questa spaccatura tra i sindacati e abbiamo detto che si sono innestate delle ragioni più profonde su questa spaccatura: possiamo spiegare quali sono?

R. – Dal punto di vista politico, la vertenza della miniera ha assunto un rilievo enorme perché Julius Malema - l’ex enfant prodige dell’African National Congress - coinvolto poi in un caso di corruzione e quindi espulso dall’Anc - ha cavalcato la protesta dei minatori dell’Amcu, spaventando i vertici dell’Anc che sono legati alle forze sindacali tradizionali. Quindi si è innestata anche una lotta politica su questa che è una rivendicazione – almeno inizialmente – meramente sindacale.

D. – Questo, però, non rischia di nuocere alla rivendicazione iniziale dei minatori, che richiede semplicemente un innalzamento del salario minimo?

R. – Certamente rischia di incidere sulla rivendicazione salariale dei minatori e di fatto di squalificare la lotta degli stessi minatori, che sono scesi in campo per ragioni assolutamente condivisibili: lavorano in condizioni difficilissime; in gallerie dove il caldo è torrido; le misure di sicurezza sono minime, perché la multinazionale che gestisce queste miniere non ha fatto grandi investimenti sulla sicurezza. Anche fuori dalla miniera i minatori vivono in condizioni pessime: vivono in baracche, in cui la diffusione dell’Aids è ampissima.

D. – Potrebbero esserci delle conseguenze, anche immediate, sull’African National Congress, che è il partito al potere, e sul presidente Zuma?

R. – Più che il partito, il governo - che è sostenuto all’African National Congress - ha utilizzato dei vecchi strumenti legislativi dei tempi dell’Apartheid e la polizia non si è fatta certamente scrupolo nello sparare ai minatori, sebbene loro dicano per legittima difesa. Quali saranno le conseguenze, bisognerà vederlo. Certamente Julius Malema sta cavalcando la protesta per riuscire a erodere quella parte più intransigente, che è la base nelle bidonville delle miniere dell’Anc, per riuscire a guadagnare consensi per sé e quindi rilanciarsi in politica. Questo sì potrebbe essere un pericolo per l’African National Congress!







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