Scontri in Darfur: Khartoum vara il coprifuoco, migliaia di civili in fuga
Le autorità sudanesi hanno introdotto ieri il coprifuoco e posto sotto il controllo
militare due distretti nella regione del Darfur dopo settimane di continui scontri.
Martedì scorso un attacco contro il governatore della città di Kutum, rimasto illeso,
ha provocato la morte di alcuni membri della sicurezza. Cresce così il flusso di civili
in fuga dalle zone di guerra. Più di 700 persone sono state uccise dall’inizio dell'anno.
Sono almeno 300 mila le vittime e 1,8 milioni gli sfollati in Darfur dall'inizio della
guerra, nel 2003, tra i ribelli e le forze governative sostenute da milizie arabe
locali, secondo una stima delle Nazioni Unite. Fausta Speranza ha parlato di
questa crisi dimenticata con Fabrizio Dal Passo, docente di storia contemporanea
all’Università La Sapienza di Roma:
R. – E' una
emergenza irrisolta: è uno di quei casi evidenti di crisi etnica e soprattutto rappresenta
un punto nevralgico a livello economico, che non è stato però riconosciuto e rispettato
dalle grandi potenze internazionali. Si tratta di un conflitto che è rimasto irrisolto,
per quanto sia stata dichiarata formalmente una tregua.
D. – Nel frattempo
il Sudan si è scisso – Sudan del Sud e Sudan del Nord – ma la questione Darfur è rimasta
tale e quale e a livello politico non ci sono sviluppi…
R. – Il problema tra
Sud Sudan e Nord Sudan non ha mai toccato – neanche negli anni Cinquanta – il problema
del Darfur, che già era un problema! Quindi, come dire, nessuna novità per quell’area
e purtroppo quelle sparute tribù sono state lasciate a se stesse e nelle mani di signori
delle guerra che si sono poi improvvisati nelle lotte e nelle guerre intestine fra
le varie tribù.
D. – Quindi, in sostanza, il Darfur dal 2003 è terra di nessuno?
R.
– In sostanza sì. I 7-8 mila uomini dell’Unione Africana, che sono stati inviati lì,
hanno fatto ben poco per calmare la situazione, così come gli interventi dell’Onu
non hanno avuto una influenza significativa, perché il problema di fatto è che si
tratta di tribù isolate. Uno dei pochi interventi significativi è stata la creazione
di un oleodotto. Il resto è rimasto abbandonato a se stesso!
D. – Di recente
sono stati scoperti sempre più giacimenti di petrolio in quella zona: è vero e questo
soprattutto acuisce il conflitto?
R. – Acuisce il conflitto perché questo,
in qualche modo, ha provocato l’intervento massiccio anche degli Stati vicini e quindi
del Ciad come anche dell’Egitto: quindi l’interesse di altri Paesi che ovviamente
sostengono economicamente e militarmente – in maniera diretta e indiretta – i vari
combattenti. Questo non ha impedito la creazione - come dicevo - anche con il supporto
indiretto dell’Eritrea, di un oleodotto tra l’area del Darfur e l’area marittima del
Mar Rosso e quindi con Port Sudan.
D. – Il Darfur resta, comunque, una sconfitta
dell’Onu e della Comunità internazionale, è così?
R. – Sì. Indubbiamente è
un’area ancora irrisolta, è un’area in crisi e non soltanto alimentare, in cui la
violenza degli scontri etnici è ancora forte e in cui comunque l’intervento congiunto
– ripeto – di varie forze, tra cui le forze dell’Onu e quelle dell’Unione Africana,
non ha portato assolutamente alcun beneficio. E’ un’area veramente dimenticata da
questo punto di vista e purtroppo non sono stati fatti interventi in grado di salvare
la gente e specialmente le vittime di più giovane età.