Benedetto XVI incontra l'ambasciatore della Lituania presso la Santa Sede
Il Papa ha ricevuto ieri a Castel Gandolfo la signora Irena Vaišvilaité, ambasciatore
di Lituania, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali. Già consigliere
capo del presidente lituano e vice-rettore dell'Università Europea delle Scienze Umanistiche,
la signora Vaišvilaité ha collaborato presso la Radio Vaticana tra il 1991 e il 1998.
Laureata in Storia dell'arte presso l'Università statale Lomonosov di Mosca, ha conseguito
anche un dottorato in Storia della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana
di Roma. Oltre il lituano, parla inglese, russo, italiano, francese, ceco e polacco.
Il collega del Programma lituano della nostra emittente Jonas Malinauskas ha
chiesto alla signora Irena Vaišvilaité un commento sull’incontro con Benedetto
XVI:
R. – L’incontro
è stato molto emozionante perché l’ambiente di Castel Gandolfo è molto accogliente
e molto familiare. Il Santo Padre mi ha ricevuto in modo davvero caloroso. Gli ho
portato il saluto della presidente che si ricorda in modo speciale della sua visita
due anni fa. Il Santo Padre ha ringraziato dei saluti, quindi, si è parlato anche
dell’invito rivolto al Santo Padre di recarsi in Lituania. Si è parlato anche del
Concilio di Costanza durante il quale fu annunciata la conversione della Samogizia,
ultima regione europea ad essere cristianizzata. Il Santo Padre ha parlato del sorgere
dei nazionalismi perché proprio in quel tempo in Europa centrale nascevano i primi
nazionalismi e delle conseguenze preoccupanti dei nazionalismi anche nel nostro tempo.
Si è parlato poi dei cambiamenti avvenuti nella società post-comunista anche riguardo
le libertà civili e la libertà religiosa. Quello che preoccupa il Santo Padre è il
restringersi della libertà di fede ad una semplice libertà di culto.
D. - Quali
sono le principali sfide della Chiesa in Lituania oggi?
R. - Direi che la principale
sfida della Chiesa è quella di parlare ad una società molto secolarizzata. Prima c’era
una generazione di cattolici che erano formati a resistere alle pressioni dello Stato,
che era molto ostile verso la religione e le pratiche religiose, e quindi era una
Chiesa chiusa in se stessa. Invece adesso c’è la sfida di trasmettere il messaggio
cristiano a una società che sul cristianesimo sa meno di quello che si potrebbe pensare.
D.
- Come vive la Lituania questo momento di crisi in Europa?
R. - E’ una domanda
che si poneva anche il Santo Padre: come la Lituania vede l’Europa… In Lituania -
e si vedrà anche nella prossima stagione politica - le élites politiche e la società
sono impegnate per l’Europa e sono pro-Europa, ma in un tempo di crisi c’è sempre
il pericolo che ci si chiuda in se stessi, che ci si isoli pensando che rimanendo
isolati ci si possa salvare più facilmente. Io penso che non sia giusto, ma in Lituania
c’è questa tendenza. Speriamo che non prevalga.
D. - Lei ha lavorato presso
la Radio Vaticana, che ricordo ha?
R. - E’ stato un lavoro molto interessante
e molto impegnativo perché era il tempo in cui la Lituania aveva appena riconquistato
l’indipendenza e le trasmissioni della Radio Vaticana cominciavano a essere diffuse
anche attraverso la Radio nazionale. Per me la cosa più interessante è stato lavorare
nell’ambito multinazionale di questa radio, nell’universalità della Chiesa, ma anche
del mondo, rappresentata dalla Radio Vaticana.