Siria: 100mila in fuga nell'ultimo mese. Aleppo sotto assedio
In Siria continuano gli scontri e la situazione umanitaria è sempre più grave, come
confermano le nazioni unite e la Croce Rossa Internazionale. Ieri il presidente Bashar
el-Assad ha detto di sostenere le operazioni sul terreno della stessa Croce Rossa,
purché siano svolte “in modo neutrale”. E a New York le Nazioni Unite hanno affrontato
l’argomento del conflitto, con la presenza di Lakhdar Brahimi, inviato speciale di
Onu e Lega Araba per la Siria. Il servizio è di Marina Calculli:
Ma
è davvero “quasi impossibile” risolvere politicamente la questione siriana, come denunciato
da Lakhdar Brahimi? Roberta Gisotti lo ha chiesto a Roger Bouchahine,
direttore dell’Osservatorio politico mediorientale:
R. – Non so
se è un eventuale spiraglio di una soluzione che lui ha a portata di mano, perché
sembra che lui abbia qualche soluzione ma non si espone. Noi, come analisti, in questo
momento ci illudiamo pensando che ci possa essere una soluzione che vada bene per
tutto il sacrificio che ha fatto quel Paese. Il popolo siriano in questo momento continua
a essere deluso della mancanza di aiuti, della mancanza di appoggio da parte dell’Occidente,
come è accaduto in tutta l’area. Questo lo dimostrano diversi esponenti della parte
dei ribelli o dell’esercito libero, come viene chiamato dalla stampa, o dei gruppi
lasciati al loro destino.
D. - Quindi, la partita si gioca in gran parte fuori
dai confini della Siria?
R. - La situazione siriana è drammatica, totalmente
drammatica, perché quello che vedremo, quello che sentiamo, non dico che sia manipolato,
ma è completamente lontano dalla verità. Il regime siriano continua a essere a tutt'oggi
completamente in funzione: ha perso tanti pezzi, ma sono pezzi che non hanno destabilizzato
la sua organizzazione, sia del partito, sia delle forze di sicurezza, che mantengono
il regime in vita. Questo ci lascia senza parole. L’Occidente ormai non conta più
i morti.
D. – A questo proposito, è in corso una guerra mediatica: le medie
ufficiali governative non danno più neanche le vittime militari, oltre a non avere
mai dato quelle civili…
R. – Chiaramente, perché poi c’è un’altra componente
di oscurità del totale numero dei morti. Se si va a controllare la stampa araba, quella
contro il regime, si contano tra 100, 150, 200 morti tra i ribelli… Sembra che il
regime compia attentati o faccia incursioni in certi quartieri o in certe città senza
avere mai perdite di uomini e questo ci lascia ulteriormente sconcertati per quanto
riguarda il numero dei morti, perché alla fine invece i morti si contano da una parte
e dall’altra.
D. – Quindi, c’è da auspicare che ad esempio il Consiglio di
sicurezza Onu trovi unanimità nelle sue decisioni?
R. – La storia ce lo ha
insegnato: è chiaro che la guerra civile è una brutta bestia, e lo è per tutto il
popolo siriano. La guerra civile in Libano è stata qualcosa di allucinante e sappiamo
precisamente che non è mai servita a nulla, non ha fatto vincere nessuno, si sono
solo contati i morti ed è stato distrutto un intero Paese. Ma che un popolo rimanga
sotto una finta guerra civile - agli occhi di chi lo vuole vedere in quel modo - e
che la gente muoia senza un aiuto, senza una possibilità di poter essere allo stesso
livello, perché è stata inventata questa espressione, esercito “libero” contro esercito
“regolare”, come per dare via una guerra di uguaglianza, di uguale livello di combattimento,
invece non è così. I ribelli siriani, li ho visti con i miei occhi, ero in Siria tre
settimane fa, vivono di kalashnikov e cartucce. Ad oggi, non hanno occupato una caserma
del regime, non hanno ottenuto aerei, non hanno ottenuto cannoni… Ricostruiscono,
li ho visti costruire cose con i tubi di acciaio. Queste sono cose che accadevano
50 anni fa. Allora, se questa guerra è ingiusta in quel modo, in quella direzione,
non dico che dobbiamo dare le armi per distruggere tutti quanti, ma almeno frenare
il regime e i modi ci sono.