Siria: 25 mila morti totali. Robert Bouchaine: siriani delusi dal silenzio occidentale
Almeno 25 mila i morti in Siria, dall’inizio del conflitto nel marzo 2011 e oltre
223 mila i rifugiati all’estero in Giordania, Libano, Turchia, secondo fonti dell’Onu.
Un flusso in forte crescendo: nel mese di agosto a fuggire dal Paese sono stati più
di 100 mila. E se le armi non tacciono - 200 le vittime solo ieri - silente appare
la diplomazia. Roberta Gisotti ha intervistato Roger Bouchahine, direttore
dell’Osservatorio geopolitico mediorientale:
D. - Dott.
Bouchahine, Brahimi, inviato dell’Onu e della Lega araba, ha detto ieri: è una “missione
quasi impossibile”. Cosa nasconde la parola quasi, forse un passo avanti rispetto
al suo predecessore Annan, che prima di lasciare l’incarico aveva dichiarato “missione
impossibile”?
R. – Non so se è un eventuale spiraglio di una soluzione che
lui ha a portata di mano, perché sembra che lui abbia qualche soluzione ma non si
espone. Noi, come analisti, in questo momento ci illudiamo pensando che ci possa essere
una soluzione che vada bene per tutto il sacrificio che ha fatto quel Paese. Il popolo
siriano in questo momento continua a essere deluso della mancanza di aiuti, della
mancanza di appoggio da parte dell’Occidente, come è accaduto in tutta l’area. Questo
lo dimostrano diversi esponenti della parte dei ribelli o dell’esercito libero, come
viene chiamato dalla stampa, o dei gruppi lasciati al loro destino.
D. - Quindi,
la partita si gioca in gran parte fuori dai confini della Siria?
R. - La situazione
siriana è drammatica, totalmente drammatica, perché quello che vedremo, quello che
sentiamo, non dico che sia manipolato, ma è completamente lontano dalla verità. Il
regime siriano continua a essere a tutt'oggi completamente in funzione: ha perso tanti
pezzi, ma sono pezzi che non hanno destabilizzato la sua organizzazione, sia del partito,
sia delle forze di sicurezza, che mantengono il regime in vita. Questo ci lascia senza
parole. L’Occidente ormai non conta più i morti.
D. – A questo proposito, è
in corso una guerra mediatica: le medie ufficiali governative non danno più neanche
le vittime militari, oltre a non avere mai dato quelle civili…
R. – Chiaramente,
perché poi c’è un’altra componente di oscurità del totale numero dei morti. Se si
va a controllare la stampa araba, quella contro il regime, si contano tra 100, 150,
200 morti tra i ribelli… Sembra che il regime compia attentati o faccia incursioni
in certi quartieri o in certe città senza avere mai perdite di uomini e questo ci
lascia ulteriormente sconcertati per quanto riguarda il numero dei morti, perché alla
fine invece i morti si contano da una parte e dall’altra.
D. – Quindi, c’è
da auspicare che ad esempio il Consiglio di sicurezza Onu trovi unanimità nelle sue
decisioni?
R. – La storia ce lo ha insegnato: è chiaro che la guerra civile
è una brutta bestia, e lo è per tutto il popolo siriano. La guerra civile in Libano
è stata qualcosa di allucinante e sappiamo precisamente che non è mai servita a nulla,
non ha fatto vincere nessuno, si sono solo contati i morti ed è stato distrutto un
intero Paese. Ma che un popolo rimanga sotto una finta guerra civile - agli occhi
di chi lo vuole vedere in quel modo - e che la gente muoia senza un aiuto, senza una
possibilità di poter essere allo stesso livello, perché è stata inventata questa espressione,
esercito “libero” contro esercito “regolare”, come per dare via una guerra di uguaglianza,
di uguale livello di combattimento, invece non è così. I ribelli siriani, li ho visti
con i miei occhi, ero in Siria tre settimane fa, vivono di kalashnikov e cartucce.
Ad oggi, non hanno occupato una caserma del regime, non hanno ottenuto aerei, non
hanno ottenuto cannoni… Ricostruiscono, li ho visti costruire cose con i tubi di acciaio.
Queste sono cose che accadevano 50 anni fa. Allora, se questa guerra è ingiusta in
quel modo, in quella direzione, non dico che dobbiamo dare le armi per distruggere
tutti quanti, ma almeno frenare il regime e i modi ci sono.